I solai in laterocemento rappresentano la quasi totalità delle strutture piane orizzontali adoperate sul territorio nazionale. Sono classificabili come strutture miste ottenute dall’assemblaggio di due tipi di materiale che hanno fra loro buona affinità: il cemento armato, con funzioni prevalentemente resistive-strutturali; il laterizio, con funzioni prevalentemente di alleggerimento. Il laterizio viene usato per delimitare, con le sue pareti, i canali all’interno dei quali viene disposta l’armatura di acciaio e che, successivamente, vengono riempiti di calcestruzzo.
Questi canali, a calcestruzzo indurito, rappresenteranno le nervature resistenti dell’intera struttura. La funzione resistiva può essere assunta in parte anche dal laterizio che, per l’occasione, presenterà particolari requisiti e forme.
Nel caso di solai parzialmente o totalmente prefabbricati, l’armatura è contenuta all’interno dei componenti prefabbricati.

 

I blocchi in laterizio per solai

La norma Uni 9730 del 1990 Blocchi in laterizio per solai classifica i blocchi, tenendo presenti le modalità di impiego, secondo due criteri:
modalità di posa in opera;
funzione statica.

Tipologie e classificazione dei blocchi

Con il primo criterio si individuano tre possibili tipi di blocchi in laterizio:

  • tipo 1: blocchi destinati ai solai da casserare e gettare in opera (fig. 1);
  • tipo 2: blocchi destinati al confezionamento dei pannelli (fig. 2);
  • tipo 3: blocchi destinati a solai realizzati con travetti prefabbricati (fig. 3).

Fig. 1, 2, 3

 

 

 

 

 

 

Con il secondo criterio si individuano due categorie a seconda della funzione statica esplicata dal blocco nel solaio:

  • categoria a): blocchi aventi funzioni principali di alleggerimento;
  • categoria b): blocchi aventi funzione statica in collaborazione con il conglomerato.

La definizione completa di un blocco è, ad esempio, del tipo: Blocco per solaio 3/b Uni 9730-20x38x25, ovvero: blocco per solaio di tipo 3 (destinato a solai realizzati con travetti preconfezionati), di categoria b) (con funzione statica in collaborazione con il conglomerato), alto 20 cm, largo 38 cm (ingombro del blocco in opera) e lungo 25 cm (lunghezza di taglio).
È opportuno ricordare che questa norma, nella seconda parte, introduce anche alcuni concetti concernenti la qualità.

Fig.4

Definisce e caratterizza, per esempio, le possibili fessure riscontrabili in un blocco, limitandone il numero in funzione della posizione delle fessure stesse (fig. 4).
A livello europeo, le caratteristiche dei blocchi, in laterizio e in altri materiali, al momento sono allo studio del gruppo Cen/Tc 229 (Comitato europeo di normazione/ Comitato tecnico n. 229).

 

Caratteristiche dei blocchi

Le caratteristiche dei blocchi in laterizio per solaio sono fissate, in modo cogente, anche dai decreti attuativi della legge 1086 del 15 novembre 1971 che, periodicamente, vengono emanati dal Ministero dei Lavori Pubblici (ufficialmente con cadenza biennale). Il più recente decreto, che porta la data del 9 gennaio 1996, ripete le indicazioni che già erano presenti nei decreti del 14 febbraio 1992 e del 27 luglio 1985 e, con alcune aggiunte e modifiche, nei decreti ancora precedenti, il primo dei quali risale al 1972. Gli altri decreti attuativi della legge 1086 risalgono al 30 maggio 1974, al 16 giugno 1976 e al 28 dicembre 1980.

Queste precisazioni, sebbene possano sembrare di scarsa utilità, hanno tuttavia lo scopo di evidenziare come da molto tempo il blocco da solaio sia soggetto a indicazioni precise e inderogabili che oggi non ne definiscono soltanto le dimensioni o i valori minimi di resistenza meccanica, ma anche la geometria del disegno e le caratteristiche che deve avere la materia prima impiegata nella produzione.

Anche secondo il decreto del 9 gennaio 1996, i blocchi per solaio possono essere di due tipi:

  • blocchi di categoria a) se hanno funzione principale di alleggerimento;
  • blocchi di categoria b) se collaborano staticamente con il conglomerato sostituendosi, grazie allo loro conformazione e resistenza, al calcestruzzo della soletta.

Questa suddivisione è fondamentale e non può assolutamente essere ignorata.

È infine il caso di ricordare che riferimenti dimensionali e prestazionali concernenti le strutture di solaio si trovano anche nella Circolare 91 del 1961 Norme di sicurezza per la protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati a uso civile e nella norma Uni 10355 del 1995 Comportamento termico delle strutture in muratura e dei solai.

Caratteristiche comuni

Tabella 1

Numerosi sono, pertanto, i requisiti ai quali i blocchi in laterizio per solaio devono rispondere.
I blocchi devono essere caratterizzati da un disegno semplice, con setti rettilinei e allineati, soprattutto in direzione orizzontale.
Il decreto ribadisce il concetto indicando anche che il rapporto fra lo spessore e la lunghezza dei setti deve essere il più possibile costante.
Questo significa che il disegno, oltre che semplice, deve essere ben equilibrato, con fori di dimensioni non troppo dissimili tra loro.
È fissata la percentuale di foratura, ossia il rapporto fra l’area totale dei fori e l’area della sezione del blocco, mediante la formula:
F/A ≤ 0,6 + 0,625 h ≤ 75% (dove h è l’altezza del blocco espressa in metri).
In pratica, quindi, i blocchi da solaio possono avere al massimo la percentuale di foratura riportata in tabella 1.
Le pareti orizzontali compresse devono avere spessore non minore di 8 mm; le pareti perimetrali devono avere anch’esse spessore non inferiore a 8 mm, mentre i setti non devono avere spessore minore di 7 mm.
Le intersezioni fra i setti e fra i setti e le pareti devono essere raccordate con un raggio di curvatura maggiore di 3 mm (fig. 5).

Fig. 5 – Requisiti geometrici dei blocchi.

Le caratteristiche della materia prima, ovvero le caratteristiche fisiche del “cotto”, sono definite dal coefficiente di dilatazione termica lineare α, che deve essere maggiore di 6·10–6 °C–1, e dalla dilatazione all’umidità, che non può superare il valore 4·10–4 (400 μm/m = 0,4 mm/m). Questi vincoli hanno lo scopo di assicurare la compatibilità del laterizio con il calcestruzzo, in modo che in esercizio, variando la temperatura o l’umidità, il comportamento della struttura sia il più possibile omogeneo.
Sempre legato alle caratteristiche della materia prima (ma anche al disegno del blocco), è il valore del modulo elastico, fissato per legge a un massimo di 25 kN/mm2 (250.000 kg/cm2), allo scopo di garantire al blocco una deformabilità sufficiente ad assorbire le variazioni dimensionali indotte da sollecitazioni sia meccaniche che termiche senza subire danneggiamenti.

Le differenze

Tabella 2 e 3

La resistenza meccanica è invece differenziata a seconda che si tratti di blocco di categoria a), non collaborante, o di categoria b), collaborante. Le tabelle 2 e 3 sintetizzano le richieste di legge.
Si tratta naturalmente di resistenze caratteristiche (e non di resistenze medie), valutate sulla superficie netta della sezione del blocco, a differenza di quanto avviene per gli elementi resistenti per muratura (mattoni e blocchi), nei quali la resistenza a compressione è ricavata dal rappor to fra carico di rottura applicato e superficie lorda (area racchiusa dal perimetro, vuoto per pieno). Esiste ancora un obbligo per i blocchi interposti (il significato di “interposti” sarà chiarito in seguito): devono resistere a un carico concentrato, applicato al centro della faccia superiore su di un’area di 5×5 cm, di almeno 1,5 kN (150 kg) (fig. 6).

Fig. 6 – Prova di resistenza al punzonamento di un blocco interposto.

Questi blocchi, infatti, vengono posti in opera senza impalcato inferiore continuo; devono essere pertanto in grado di resistere a un carico concentrato equivalente al peso di una persona e delle attrezzature a corredo. Tutte le modalità di esecuzione delle prove sopra richiamate sono fissate dall’Allegato 7 del decreto 9 gennaio 1996.
Si è detto in precedenza che i blocchi di categoria b) collaborano staticamente con il conglomerato (blocchi “collaboranti”), mentre quelli di categoria a) hanno funzione principale di alleggerimento. La differenza consiste esclusivamente nella geometria del blocco (fig. 7).
Il blocco di categoria b) deve, infatti, avere la cosiddetta “zona rinforzata”: la parte superiore del blocco, per uno spessore non inferiore a 1/5 dell’altezza nel caso di elementi alti fino a 25 cm, e per almeno 5 cm per quelli di maggiore altezza, dev’essere caratterizzata da una percentuale di foratura non superiore al 50 per cento.

Tabella 4

A stretto rigore, quindi, l’estradosso del blocco, coincidente con la parete superiore della zona rinforzata, deve essere piano e parallelo alla parete inferiore della zona rinforzata e, nel complesso, quest’ultima deve rispettare il limite sulla percentuale di foratura. Non sembra comunque in contrasto con la norma la presenza di incavi longitudinali sulla parete superiore, da rasare in opera con calcestruzzo, in modo che, con tale riempimento, sia possibile raggiungere la percentuale di foratura prescritta.

Fig. 7 – Sezioni tipo di blocchi di semplice alleggerimento a) e collaboranti b).

Questa soluzione è comunque sconsigliabile nei solai realizzati o completati in opera, per il rischio che la rasatura sia male eseguita se non, addirittura, non eseguita; mentre invece è accettabile nei pannelli prefabbricati, per i quali la produzione in serie può garantire il corretto riempimento degli incavi.

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Lo spessore minimo della zona rinforzata in funzione dell’altezza del blocco è indicato in tabella 4.

Se vengono rispettate le indicazioni previste nel decreto, se è assicurata la trasmissione degli sforzi di compressione (fig. 8) e se si opera in zona non sismica, la soletta in calcestruzzo può quindi essere omessa (in zona sismica infatti il decreto del 16 gennaio 1996, pur non rendendolo esplicitamente obbligatorio, praticamente impone una soletta in calcestruzzo di almeno 4 cm di spessore a garanzia della corretta ripartizione delle azioni orizzontali tra i muri maestri).

Prescrizioni particolari

Altre prescrizioni di legge riguardano la larghezza e l’interasse delle nervature da riempire con il conglomerato e la dimensione massima dei blocchi (fig. 9).
Nei solai gettati in opera, o completati in opera, le nervature devono avere larghezza maggiore di 1/8 dell’interasse e comunque non possono essere inferiori a 8 cm. Quindi un solaio con interasse di 50 cm avrà necessariamente nervature di almeno 8 cm (e non di 6,25 cm).

Fig. 8 – Corretto riempimento in opera degli smussi dei blocchi di categoria b) per assicurare la trasmissione degli sforzi di compressione.

L’interasse delle nervature deve, inoltre, essere minore, o al più uguale, a 15 volte lo spessore della soletta. Pertanto un solaio realizzato con blocchi di categoria a) con soletta in calcestruzzo di 4 cm (valore minimo previsto dalla norma) potrà avere un interasse massimo di 60 cm. Diverso è invece il caso dei blocchi collaboranti di categoria b). In questa circostanza, infatti, il solaio è privo della soletta in calcestruzzo, sostituita dalla soletta in cotto del blocco.

Fig. 9 – Dimensione e interasse delle nervature. Dimensione massima dei blocchi. (h = altezza della soletta in cotto o in calcestruzzo).

Se l’altezza della soletta in cotto è stata dimensionata secondo le altezze minime riportate in tabella 4, un solaio realizzato con blocchi di categoria b), alti 12 cm, senza quindi soletta in calcestruzzo, non potrà avere interasse maggiore di 36 cm; se i blocchi sono alti 16 cm non potrà avere interasse maggiore di 48 cm e cosi via. Naturalmente questi limiti non valgono nel caso si realizzi la soletta in calcestruzzo, ignorando l’esistenza della soletta in cotto. In presenza di carichi permanenti o accidentali particolarmente elevati può essere necessario aumentare la larghezza della ner vatura (ad esempio distanziando i blocchi sulla carpenteria dell’impalcato o affiancando due travetti prefabbricati).
In questi casi, qualora si impieghino blocchi di categoria a), bisognerà dimensionare opportunamente la soletta in calcestruzzo (un interasse di cm 68 richiederà una soletta di almeno 68/15 = 4,53 cm di spessore). Qualora invece si usino blocchi di categoria b) si dovrà verificare che la soletta rinforzata in cotto abbia la necessaria altezza. In caso contrario anche su questi blocchi si dovrà realizzare una soletta in calcestruzzo di spessore adeguato.
La larghezza massima dei blocchi è, in ogni caso e per tutte le tipologie, limitata a 52 cm. Nel decreto, infatti, viene espressamente precisato che «…il blocco interposto deve avere dimensione massima inferiore a 52 cm».
Nella pratica corrente il termine “interposto” è attribuito ai blocchi che vengono posizionati fra i travetti prefabbricati. Nel decreto, invece, il termine “interposto” ha il significato di blocco posizionato fra i getti (o nervature) di calcestruzzo, e ha quindi validità generale.

I diversi tipi di solaio

Come si è accennato, esistono diverse modalità di esecuzione delle strutture di solaio in laterocemento, che sinteticamente si possono riassumere in:

  1. solaio realizzato in opera;
  2. solaio a pannelli prefabbricati:
  3. in cemento armato normale;
  4. in cemento armato precompresso;
  5. solaio a travetti:
  6. con travetti in laterocemento e blocchi interposti;
  7. con travetti a traliccio e blocchi interposti;
  8. con travetti in calcestruzzo precompresso e blocchi interposti;
  9. con travetti accostati;
  10. solaio a lastra in cemento armato con elementi di alleggerimento in laterizio.

Solaio realizzato in opera

I blocchi, che presentano alette laterali atte a delimitare inferiormente il getto di conglomerato, vengono posizionati su di un impalcato di sostegno provvisorio (fig. 10), che viene successivamente smontato non appena il conglomerato ha raggiunto la sufficiente resistenza meccanica (comunque non prima di 28 giorni).
In passato ha rappresentato l’unico tipo di solaio misto in laterizio e cemento armato.
Oggi è usato quando la pianta del fabbricato presenta forti irregolarità o quando, per mancanza di spazio o di mezzi di sollevamento, non è possibile impiegare travetti o pannelli prefabbricati.
Dopo avere posizionato tutti i blocchi in laterizio, si procede alla posa delle barre di armatura, ricorrendo all’uso di distanziatori o di sistemi equivalenti in modo da assicurare che, nella successiva fase di getto, i ferri mantengano una corretta disposizione.

Fig. 10 – Solaio realizzato in opera.
Fig. 11 – Solaio a travetti tralicciati.

Solaio a travetti e blocchi interposti

Un buon compromesso fra solaio in opera e solaio a pannelli è costituito dal solaio a travetti e blocchi interposti (fig. 11). Del solaio in opera conserva la flessibilità di adattamento anche a fabbricati di pianta complessa, mentre del solaio a pannelli mantiene, seppure in parte, la minore incidenza di carpenteria di impalcato. Se si usa il travetto a traliccio, i rompitratta vanno posti a una distanza compresa tra 1 e 1,5 m. Poiché il peso è di circa 10 kg/m, si ha anche un’ottima maneggevolezza. Se invece si usa il travetto precompresso, che assicura un corretto copriferro delle armature e l’assenza di fessure all’intradosso, i rompitratta vanno posti a distanza di 1,5÷2 m. I solai a travetti in laterocemento sono ora meno impiegati rispetto al passato, se non addirittura in disuso (fig. 12).

Fig. 12 – Travetti in laterocemento, ormai in disuso.
Fig. 13 – Solaio a pannelli prefabbricati.

Solaio a pannelli prefabbricati e a lastra in cemento armato

Rappresentano l’industrializzazione del solaio tradizionale. I pannelli preconfezionati, ad armatura lenta o precompressi, hanno modulo pari a uno, due, tre o più blocchi (fig. 13). Rendono decisamente più veloce la posa in opera, ma, ovviamente, possono essere impiegati con successo in fabbricati a pianta regolare e in cantieri dotati di apparecchiature di sollevamento di adeguata portata.
Poiché possono essere prodotti in serie “dichiarata” o “controllata” (decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 3 dicembre 1987 Norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo delle costruzioni prefabbricate) e quindi possono assicurare elevata qualità sia della confezione che dei materiali impiegati, il decreto del 9 gennaio 1996 (punto 7.1.4.5) consente che la larghezza delle nervature gettate in stabilimento possa essere ridotta da 8 fino a un minimo di 5 cm. La dimensione delle nervature realizzate in stabilimento condiziona, per la forma simmetrica del laterizio, anche la dimensione delle nervature gettate in opera. Pertanto, qualora si riscontrassero nervature prefabbricate inferiori a 8 cm, si dovrà utilizzare un calcestruzzo di granulometria, composizione e qualità del tutto simile a quello impiegato in stabilimento.
In alternativa bisognerà distanziare i pannelli in modo che le nervature di collegamento, gettate in opera, abbiano larghezza non inferiore a 8 cm.
Ulteriore vantaggio del solaio a pannelli consiste nella possibilità di realizzare manufatti autoportanti, che non richiedono cioè la puntellatura nemmeno durante la fase di getto del calcestruzzo di completamento.
Le lastre in calcestruzzo armato, normale o precompresso, sono concettualmente analoghe ai pannelli prefabbricati. Generalmente hanno uno spessore di 4 cm e su di esse vengono posati, con varie modalità, elementi di alleggerimento in laterizio (fig. 14). È importante ricordare che, in tutti i tipi di solaio in laterocemento, deve essere assicurata una distanza minima di 8 mm fra parete in laterizio e armatura e di almeno 10 mm fra armatura e armatura (decreto del 9 gennaio 96, punto 7.1.5.1).

Fig. 14 – Solaio a lastra con elementi di alleggerimento in laterizio.

Il ricoprimento può essere ridotto da 8 a 5 mm soltanto per le armature collocate in scanalature predisposte nel corpo del blocco (e non nelle nervature!), modalità esecutiva oggi poco diffusa, ma frequente in passato sia per le armature all’estradosso che all’intradosso dei pannelli prefabbricati. Inoltre, prima del getto di calcestruzzo, che per legge deve avere resistenza caratteristica minima di 25 N/mm2 (250 kg/cm2) (decreto del 9 gennaio 96, punto 7.1.5.3), i blocchi devono essere accuratamente e abbondantemente bagnati (decreto del 9 gennaio 1996, punto 7.1.5.2).
Il getto andrà eseguito quando il velo d’acqua superficiale sarà stato assorbito e il laterizio si presenterà nella condizione di “saturo con superficie asciutta”.

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La corretta esecuzione

Fig. 15 – Modalità di stoccaggio dei travetti a traliccio.

I blocchi di laterizio giungono in cantiere confezionati in pacchi.
Vanno scaricati dai mezzi di trasporto e posizionati in una zona preventivamente livellata, in modo che l’appoggio sia sicuro e non si manifestino fenomeni di instabilità.

Stoccaggio e movimentazione in cantiere

Il materiale dovrà essere posato non a contatto con il terreno per evitare che assorba sostanze che, una volta in opera, possano causare efflorescenze o scarsa adesione con il calcestruzzo.
Durante la stagione invernale bisogna anche evitare che i blocchi si impregnino d’acqua, con rischio di danneggiamento da gelo. È buona norma di prudenza non sovrapporre un numero elevato di pacchi (comunque mai più di quattro), ma anzi, compatibilmente con la disponibilità di spazio, rendere minima la sovrapposizione.
Il sollevamento al piano sarà fatto mediante forche e cassoni metallici in modo da evitare qualunque rischio di caduta dall’alto di elementi o di parte di elementi in laterizio (d.p.r. 7 gennaio 1956 n. 164 e decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626). Nel caso siano presenti elementi difettosi, essi vanno eliminati prima della posa in opera.
I travetti, se il tipo di solaio li prevede, vanno disposti in cataste costituite indicativamente da un massimo di dieci strati successivi, interponendo listelli, di legno o di altro materiale, in modo da ripartire il carico.
I listelli devono essere sulla stessa verticale, in corrispondenza dei punti di sollevamento e, nel caso di travetti tralicciati, vanno tassativamente posti in corrispondenza del nodo fra staffe e corrente superiore (fig. 15).
Le movimentazioni vanno eseguite attenendosi alle prescrizioni del fornitore, soprattutto per quanto riguarda gli sbalzi che, generalmente, sono pari a 1/4 della lunghezza totale del travetto.
Bisogna in ogni caso evitare posizioni inclinate o addirittura rovesciate: i travetti devono avere anche in stoccaggio la stessa giacitura che avranno in opera.
Analoghe attenzioni, seppure facilitate dalla presenza dei ganci, dovranno essere poste nella movimentazione e nello stoccaggio dei pannelli prefabbricati.

Fig. 16 – Lo sfalsamento dei blocchi.

Supporto provvisorio

L’impalcato di supporto cambia a seconda delle tipologie di solaio da realizzare.
Deve comunque essere costruito tenendo presente la sua provvisorietà (deve essere facilmente rimovibile), ma anche la necessità che sia indeformabile e sufficientemente resistente in modo da sopportare i carichi dovuti alla posa dei componenti e al getto di calcestruzzo.
Per i solai di tipo tradizionale, da gettare in opera, sarà necessario un tavolato continuo sul quale allineare i blocchi.
Per i solai a travetti saranno sufficienti i “rompitratta”, disposti trasversalmente all’orditura del solaio, e le tavole di contenimento del getto delle eventuali nervature trasversali, quando le nervature stesse non siano realizzate introducendo una fila di blocchi di minore altezza, e in corrispondenza delle zone di appoggio, qualora sia prevista una fascia piena a tutela delle sollecitazioni taglianti. Per i pannelli prefabbricati, nel caso non siano autoportanti, sono sufficienti i rompitratta poiché le nervature trasversali, quando necessarie, possono essere realizzate inserendo una fila di blocchi di minore altezza in fase di produzione. Le lastre richiedono soltanto i rompitratta, poiché le nervature sono realizzate distanziando oppor tunamente gli elementi di alleggerimento.

Impiego e modalità di posa dei blocchi

Nei solai da gettare in opera i blocchi vanno semplicemente allineati sull’impalcato, secondo la prevista orditura delle nervature.
Nel caso di solai a travetti, questi vengono appoggiati alle strutture verticali e distanziati fra loro con l’interposizione di due blocchi alle estremità. Posati tutti i travetti, si inseriscono via via tutti i blocchi, senza forzarli. Nel caso si usino blocchi collaboranti (categoria b), ai quali venga richiesto il concorso alla resistenza agli sforzi tangenziali, la posa dei blocchi deve essere “a giunti sfalsati” (fig. 16), ossia i giunti fra i blocchi di due file adiacenti non devono corrispondere (decreto del 9 gennaio 96, punto 7.1.2). Inoltre non si possono usare, per raggiungere l’altezza di solaio richiesta, blocchi cosiddetti “da sovralzo” (è obbligatorio usare elementi monoblocco).

Fig. 17 – Blocco a soletta mista.

Queste prescrizioni non si applicano ai blocchi di categoria a), con prevalente funzione di alleggerimento.
Se si vuole sovrapporre una soletta in calcestruzzo staticamente collaborante con la soletta in laterizio, il blocco dev’essere conformato in modo da assicurare la solidarietà ai fini della trasmissione degli sforzi tangenziali. È quindi opportuno usare blocchi che presentino un estradosso conformato in modo da garantire un solidale collegamento con la soletta in calcestruzzo (fig. 17). Il solaio non deve iniziare con blocchi appoggiati direttamente sul muro (o sulla trave) parallelo all’orditura delle nervature (se ne parlerà in seguito al paragrafo Interazione ai bordi): si deve invece partire con un travetto o con una nervatura.
Come accennato in precedenza, le nervature trasversali di irrigidimento possono essere realizzate, sia nei solai in opera che nei solai a travetti prefabbricati, omettendo la posa di una fila trasversale di blocchi o utilizzando blocchi di minore altezza.
Durante le operazioni di posa dei blocchi e dei ferri di armatura è opportuno camminare su tavole disposte lungo i necessari percorsi, allo scopo di evitare pericolose concentrazioni di carico (fig. 18).

Fig. 18 – Accorgimenti per assicurare la pedonabilità dell’impalcato.

Armature integrative di acciaio

Si dispone prima l’armatura delle travi principali; successivamente, se si opera con solai tradizionali, si posano i ferri delle nervature.
Nei solai a travetti, a pannelli o a lastre, l’armatura delle nervature generalmente è già presente nel componente prefabbricato.
È infatti sconsigliabile l’aggiunta di ferro integrativo: i componenti prefabbricati dovrebbero già contenere tutta l’armatura necessaria per resistere a flessione.

Nelle nervature, in corrispondenza della zona di appoggio, si dispone l’armatura determinata dal calcolo, ed esattamente:

  • spezzoni inferiori (che possono essere anche già inseriti nel prefabbricato);
  • armatura superiore. Se necessario, sull’estradosso dei blocchi viene posata l’armatura di ripartizione (generalmente rete elettrosaldata), che verrà successivamente inglobata nella soletta in calcestruzzo.

Particolare cura e attenzione dovrà essere posta all’unione degli elementi prefabbricati con le travi portanti per garantire un efficace ancoraggio, secondo le indicazioni fornite dalle aziende produttrici (fig. 19).

Cure esecutive

Fig. 19 – Il collegamento dei travetti con le travi portanti.

Prima del getto del calcestruzzo di completamento è necessario inserire nel solaio tutti i particolari che serviranno, poi, per l’effettivo uso, evitando cosi (o quantomeno semplificando) le successive operazioni di finitura.
Queste, infatti, potrebbero comportare perforazioni o demolizioni del calcestruzzo già indurito.
Bisognerà quindi, ad esempio, individuare le zone ribassate, le forature per il passaggio delle tubazioni, le asole di aerazione, le eventuali armature di ripresa; posare gli ancoraggi per i manufatti da inserire successivamente; prevedere smussi, scuretti, gocciolatoi ecc.

Getto del calcestruzzo di completamento

Analogamente a quanto avviene per le murature, bisogna evitare che il laterizio assorba l’acqua di impasto del calcestruzzo.
Un’insufficiente bagnatura priva il calcestruzzo dell’acqua di idratazione, lo indebolisce, ne riduce la lavorabilità e rende difficoltoso, se non impossibile, il ricoprimento dei ferri di armatura.
Il comportamento della struttura ne risentirà sia nelle prestazioni meccaniche (aumento della deformabilità sotto carico, indebolimento alle azioni trasversali), sia, mancando il copriferro, nella resistenza al fuoco.
Questo difetto esecutivo è molto spesso la causa di deformazioni inattese e non congruenti con l’altezza del solaio, apparentemente sufficiente e in regola con le indicazioni di norma.
Il corretto ricoprimento dei ferri di armatura si otterrà prevedendo opportuni distanziatori e vibrando il calcestruzzo in modo da limitare il più possibile la formazione di vuoti (fig. 20).
Il getto del calcestruzzo inizierà riempiendo per prime le parti strutturali (travi, cordoli, fasce piene ecc.). Quindi proseguirà con il riempimento delle nervature e la formazione contemporanea della soletta, per fasce di solaio simmetriche rispetto alla tessitura dei travetti, partendo dai bordi e progredendo verso il centro.
Sono da evitare interruzioni del getto. Nel caso siano assolutamente necessarie, dovranno essere effettuate su disposizione del Direttore dei lavori soltanto nelle zone in cui sono previste le minori sollecitazioni.

Fig. 20 – Rischio di formazione di vuoti nel getto.

La soletta in calcestruzzo, quando richiesta, dovrà poi essere protetta dall’irraggiamento solare diretto o comunque dovrà essere bagnata a sufficienza per i primi giorni dopo il getto in modo da contenere l’entità finale del ritiro.

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Disarmo

Il disarmo può avvenire quando il calcestruzzo ha raggiunto la resistenza necessaria per accettare le sollecitazioni previste nelle fasi successive del lavoro.

Deve quindi essere autorizzato dal Direttore dei lavori. L’operazione deve avvenire con gradualità, in modo da evitare azioni dinamiche e ogni sollecitazione non prevista. In genere si procede prima alla eliminazione dei puntelli intermedi del solaio; poi si toglieranno i puntelli più vicini alle travi e successivamente le puntellature delle travi e degli sbalzi.

Accorgimenti e precauzioni

Nelle strutture portanti in cemento armato, i travetti devono entrare nella trave per almeno 5 cm.

Fig. 21 – Formazione della nervatura trasversale.

Nelle strutture in muratura portante (e obbligatoriamente in zona sismica, decreto del 16 gennaio 1996) i travetti devono appoggiare per non meno della metà dello spessore del muro e, comunque, per almeno 12 cm.
I pannelli e le lastre, che non possono penetrare nel corpo delle travi e dei cordoli a causa della presenza delle staffe, o i travetti previsti in luce di solaio, dovranno avere dimensione pari alla luce netta fra le strutture portanti, e si collegheranno a queste mediante ferri sporgenti e saranno sorretti da banchinaggi perimetrali.
Nelle ristrutturazioni, la penetrazione nelle murature esistenti dovrà essere di almeno 20 cm.
Se la soletta collaborante in calcestruzzo è armata con rete elettrosaldata, i tondini di diametro maggiore (o, nel caso di rete a maglia rettangolare con tondini di uguale diametro, il maggiore numero di tondini) devono essere disposti in senso perpendicolare all’orditura del solaio.
Va anche ricordato che quando un solaio ha luce superiore a 4,50 m ed è realizzato con blocchi di categoria a), la soletta (con spessore minimo di 4 cm) dev’essere armata. Se si usano blocchi di categoria b) (solaio semplicemente rasato) dovrà essere prevista almeno una ner vatura trasversale armata di irrigidimento.
Dal punto di vista esecutivo, la nervatura può essere realizzata togliendo una fila trasversale di blocchi, ovvero inserendo una fila di blocchi di minore altezza (fig. 21).

I solai di interpiano a struttura monodirezionale devono avere uno spessore minimo non inferiore a 1/25 della luce di calcolo (pari all’interasse delle strutture portanti), se realizzati con getti di calcestruzzo armato normale, o di 1/30 della luce di calcolo se si usano travetti in calcestruzzo precompresso, o pannelli precompressi in laterocemento. In ogni caso non possono avere uno spessore minore di 12 cm.
Queste limitazioni non valgono nel caso di solai di semplice copertura o per solai a struttura bidirezionale.
Gli stessi limiti valgono naturalmente anche per i solai a lastra alleggeriti con laterizio, o altri materiali, nei quali le nervature e la soletta superiore siano gettate in opera.
Una deroga è ammessa soltanto per i pannelli in calcestruzzo, come previsto al punto 7.3 del decreto del 9 gennaio 1996. Gli spessori indicati rappresentano il limite inferiore tassativo e non sono da intendere, come invece molto spesso accade nella pratica, come valori da non superare.
Maggiore è l’altezza del solaio, infatti, minore è la sua deformabilità, a tutto vantaggio del comportamento del complesso struttura verticale- struttura orizzontale.
L’agevolazione concessa ai solai realizzati con travetti in calcestruzzo precompresso, o ai pannelli precompressi in laterocemento, è dovuta al fatto che, sotto carico, la precompressione riduce for temente la formazione di fessurazioni nei travetti e quindi assicura una maggiore protezione ai ferri di armatura.

Fig. 22 – Inflessione del solaio appoggiato su strutture eccessivamente deformabili. Fig. 23 – Nodo solaiotramezzatura: sono da evitare contrasti e forzature.
Fig. 22 – Inflessione del solaio appoggiato su strutture eccessivamente deformabili. Fig. 23 – Nodo solaiotramezzatura: sono da evitare contrasti e forzature.

 


Attenzioni da porre nel progetto

Per quanto riguarda gli intonaci all’intradosso, va ricordato che già dal 1985 i decreti attuativi della legge 1086 suggeriscono particolari cautele. Prescrivono infatti che, qualora si utilizzino intonaci cementizi con resistenza caratteristica a trazione maggiore di 1 N/mm2 (10 kg/cm2), questi debbano avere spessore minore di 1 cm, ovvero si debbano prevedere armature di sostegno e di diffusione opportunamente ancorate alle nervature.
Infatti, se l’intonaco ha una elevata resistenza a trazione scaricherà sul laterizio le tensioni dovute al ritiro idraulico, generando trazioni sull’intradosso dei blocchi, con possibile rottura dei setti e distacco di porzioni di laterizio.

Non si può dimenticare che le deformazioni delle travi, soprattutto delle travi in spessore, generano tensioni trasversali non previste che, se di elevata intensità, possono portare al serio danneggiamento del solaio. Quest’ultimo, infatti, viene dimensionato estraendone idealmente una striscia, considerata libera da ogni collegamento trasversale.

Si ipotizza quindi che, sotto carico, abbia una deformazione cilindrica, a semplice curvatura.
In realtà non si verifica mai un comportamento simile, ma si determina una doppia curvatura, ancora più evidente se le strutture di appoggio sono deformabili, come può ad esempio succedere nel caso di travi in spessore. Queste deformazioni, indotte dalla deformazione delle strutture portanti, possono causare for ti compressioni trasversali all’intradosso del solaio in corrispondenza dei pilastri.

Fig. 24 – Attenzioni da porre in corrispondenza di sensibile variazione di luce dei solai. Fig. 25 – Interazione con le strutture di bordo.

Quasi mai, inoltre, in sede di progetto si valutano le deformazioni viscose.

Tutto questo dovrebbe portare a scegliere altezze strutturali che cautelino da fenomeni deformativi e, quindi, da quadri fessurativi di elevata intensità.
In figura 22 è schematizzato il comportamento del solaio su strutture deformabili.
Nel caso di travi in spessore è consigliabile non avere rapporti fra la luce libera L e l’altezza h della trave superiori a 18 ÷ 20.
In figura 23 è rappresentato un solaio che, a causa della propria eccessiva deformabilità, si appoggia a una tramezzatura costruita parallelamente all’orditura del solaio stesso. La tramezzatura assume il ruolo di un vincolo, modifica così lo stato deformativo previsto e quindi determina l’insorgere di azioni trasversali. Analogamente, quando si hanno solai di luci sensibilmente diverse, si determinano sforzi taglianti e torsioni a causa della maggiore deformabilità del solaio di luce maggiore.
Se non si possono variare le altezze, si dovranno inserire nervature trasversali armate o, meglio ancora, si realizzerà un giunto strutturale (fig. 24).

Interazioni ai bordi

Bisogna porre attenzione alla interazione solaio-strutture di bordo. I muri paralleli all’orditura del solaio non possono essere utilizzati per dare appoggio alla prima fila di blocchi. Infatti, messi in opera in questo modo, i blocchi non possono seguire le deformazioni delle nervature (o dei travetti) in calcestruzzo e si formerà certamente una lesione. Si deve quindi partire con una nervatura (o con un travetto) e, possibilmente, irrigidire localmente il solaio o, quando le sollecitazioni siano particolarmente elevate, inserire un giunto strutturale (fig. 25).
Allo stesso modo sono da evitare sbalzi perpendicolari all’orditura del solaio.
Se non sarà possibile ordire diversamente il solaio, si dovranno realizzare nervature trasversali per assorbire gli sforzi e per consentire il corretto ancoraggio delle armature evitando così possibili lesioni (fig. 26).

Carichi concentrati

È consuetudine aumentare il sovraccarico permanente sui solai allo scopo di compensare il carico dovuto ai tramezzi per i quali non sia possibile fissare a priori la posizione in pianta. In realtà i carichi dei tramezzi sono difficilmente assimilabili a sovraccarichi distribuiti. Vanno tenuti in conto sia la diversa inflessione del solaio rispetto alle zone contigue, sia il rischio del punzonamento, particolarmente presente nel caso in cui il carico agisca parallelamente all’orditura del solaio stesso.

Fig. 26 – Presidi in corrispondenza degli sbalzi.

Bisognerà pertanto incrementare la rigidezza aumentando lo spessore della soletta e distribuendo il carico mediante nervature trasversali (fig. 27).
È anche opportuno che i solai siano orditi in modo da caricare le strutture, soprattutto in muratura, nel modo più uniforme possibile, alternandone la direzione di orditura ai vari piani.

Prescrizioni a cura del progettista

Per una corretta esecuzione del solaio è essenziale che il progettista prescriva almeno:

  • l’altezza e il tipo di blocco da impiegare, categoria a) o categoria b), ricorrendo preferibilmente alla codifica Uni 9730;
  • lo spessore e l’armatura dell’eventuale soletta superiore;
  • la resistenza caratteristica del calcestruzzo per il getto delle nervature e della eventuale soletta, o per i soli getti di completamento nel caso di solai in tutto o in parte prefabbricati;
  • la posizione e il numero dei cordoli di ripartizione trasversale.

Compiti del Direttore dei lavori

Il Direttore dei lavori deve assicurarsi che le prescrizioni di progetto siano rispettate dall’impresa.
Deve verificare che le certificazioni fornite dal produttore siano relative al materiale inviato al cantiere e che tali certificazioni siano aggiornate (il rinnovo è previsto attualmente con cadenza almeno annuale, decreto del 9 gennaio 1996, punto 7.2.5). Deve anche verificare che, nella fase di getto, sia assicurato un sufficiente copriferro, e che il corretto copriferro sia presente anche negli eventuali elementi prefabbricati; che non si formino vuoti o segregazioni nel getto, ma soprattutto dovrà verificare l’accettabilità della partita di blocchi da solaio consegnati, facendo riferimento alla norma Uni 9730.

Fig. 27 – Distribuzione dei carichi concentrati.

Collaudo

Il collaudatore, oltre ad accertarsi che siano state rispettate tutte le prescrizioni relative al calcolo, controllerà l’esecuzione dei lavori, esaminerà i campioni dei blocchi impiegati, verificherà la resistenza del calcestruzzo dei getti in opera, si accerterà delle effettive dimensioni del copriferro, verificherà i risultati delle prove di laboratorio.
Nel caso in cui il solaio sia stato eseguito con elementi prefabbricati, si assicurerà che questi siano stati accompagnati dal certificato di origine e dalla documentazione sul controllo di resistenza dei calcestruzzi.
Qualora la produzione di elementi prefabbricati non sia in serie dichiarata o controllata, ma occasionale, essa dovrà essere accompagnata anche dai relativi calcoli statici e dalle prove di resistenza dei calcestruzzi impiegati per la produzione relativa a quello specifico cantiere.

 

Fonti:

La corretta esecuzione dei solai in laterizio

http://www.andil.it/pubblicazioni.html

 

 

Download (PDF, 498KB)

 

 

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