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Direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico. DM 24/06/1995

Direttiva ministeriale del 24/06/1995
Direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico.
(Suppl. Ordin. Gazzetta Ufficiale n° 146 del 24/06/1995)
(Art. 36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Nuovo codice della strada)

IL MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI DI CONCERTO CON IL MINISTERO DELL’AMBIENTE
E LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
DIPARTIMENTO PER LE AREE URBANE

Vista la legge 13 giugno 1991, n.190, ed in particolare l’articolo 1, comma 1, lettera a;
 
Visto il decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, come modificato dal decreto legislativo 10 settembre 1993, n.360;
 
Vista la deliberazione 7 aprile 1993 del Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto (CIPET);
 
Sentito il parere della sesta sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, espresso nell’adunanza del 24 maggio 1994;
 
Visto l’articolo 9, comma 9, del decreto legge 25 novembre 1994, n. 649, e successive reiterazioni, che modifica la denominazione dell’ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale in Direzione generale della viabilità e mobilità urbana ed extraurbana;

sono emanate le seguenti:
 
 
 
DIRETTIVE PER LA REDAZIONE, ADOZIONE ED ATTUAZIONE DEI
PIANI URBANI DEL TRAFFICO

 
0 – PREMESSA
 
Il nuovo Codice della strada (nuovo Cds), all’articolo 36 fa obbligo della redazione del Piano urbano del traffico (PUT) ai comuni con popolazione residente superiore a trentamila abitanti, ovvero comunque interessati da rilevanti problematiche di circolazione stradale.
 
Il PUT costituisce uno strumento tecnico-amministrativo di breve periodo, finalizzato a conseguire il miglioramento delle condizioni della circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione dell’inquinamento acustico ed atmosferico e il contenimento dei consumi energetici, nel rispetto dei valori ambientali. Esso deve essere coordinato, oltre che con i Piani del traffico per la viabilità extraurbana previsti dallo stesso articolo 36, per i quali saranno emanate apposite direttive, con gli strumenti urbanistici, con i Piani di risanamento e tutela ambientale e con i Piani di trasporto. Piani – questi – che costituiscono gli strumenti di valenza strategica per il governo del sistema della mobilità, dell’ambiente dell’assetto urbanistico e della programmazione economica di un determinato ambito territoriale. Tale governo è finalizzato al conseguimento, tra l’altro, dei medesimi obiettivi perseguiti dal PUT.
 
 
Occorre quindi che questi strumenti siano coordinati in modo tale da rendere integrate e reciprocamente congrue le azioni e gli interventi che ogni strumento si propone di attuare. Le presenti “Direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei Piani urbani del traffico”, ai sensi del citato articolo 36 del nuovo Cds, vengono emanate dal Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell’ambiente ed il Ministro per i problemi delle aree urbane, sulla base delle indicazioni formulate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto (CIPET) nella deliberazione 7 aprile 1993.
 
 
Le presenti direttive sono rivolte sia ai comuni, tenuti all’adozione del PUT, sia ai tecnici, ai quali i comuni stessi, con i criteri indicati al successivo paragrafo 5.8, affidano l’incarico di redazione del PUT.
Alle direttive possono far riferimento anche quei comuni che, pur non essendo tenuti per legge, ritengono opportuno dotarsi di un PUT.
 
Le direttive trattano sia la fase della redazione del PUT, per la quale hanno valenza di prescrizioni, sia le fasi dell’adozione e dell’attuazione dello stesso, intendendo rispettare, in ogni caso, l’autonomia degli enti locali nella determinazione delle procedure interne e nell’organizzazione degli uffici.
 
La necessità della trattazione delle suddette fasi deriva:
– dalla previsione del nuovo Cds dell’obbligo di adozione del PUT;
– dalle specifiche indicazioni contenute al punto 4.4. della delibera CIPET sopracitata;
– dalla considerazione che l’adozione del PUT costituisce una fase intermedia tra i diversi livelli del processo di redazione del PUT (piano generale, piano particolareggiato, piano particolareggiato, piano esecutivo), mentre l’attuazione del PUT stesso costituisce la prima fase del suo processo di aggiornamento.
 
 
I criteri guida per la redazione dei PUT, tenuto conto delle anzidette indicazioni del CIPET, sono sinteticamente individuabili nei seguenti due punti:
 
 
– progettazione degli interventi in una logica globale del sistema della mobilità, dell’ambiente e della pianificazione urbanistica, con particolare attenzione al coordinamento con i Piani che governano il sistema stesso;
– utilizzo congiunto di misure atte a migliorare l’offerta di trasporto e di misure intese al controllo ed all’orientamento della domanda di mobilità, ivi inclusa l’eventuale introduzione di misure di tariffazione sull’uso dell’automobile in ambito urbano.
 
 
Gli interventi da prevedersi nel PUT saranno relativi alle condizioni di circolazione usuali che si verificano durante l’anno sia alle eventuali condizioni di emergenza ambientali derivanti dal superamento dei limiti di inquinamento ammissibili, come indicato al successivo paragrafo 5.6. Analogamente particolare attenzione è posta per le aree protette – archeologiche, monumentali e naturali – e particolarmente vulnerabili, tramite i criteri individuati al paragrafo 2.6., che dovranno essere rispettati, nella redazione del PUT, unitamente alle specifiche indicazioni dei Piani di tutela eventualmente predisposti dagli uffici competenti.
 
 
Le presenti direttive sono formulate in maniera unitaria sia per i centri di piccole dimensioni sia per i centri di medie e grandi dimensioni, in quanto comuni sono i problemi della circolazione e gli obiettivi da perseguire.
Diversi sono in genere i contenuti da applicare per le due tipologie di centri abitati e pertanto, per i piccoli centri, sono possibili ipotesi riduttive in rapporto alla realtà locale, come indicato nello specifico capitolo ed in particolare al paragrafo 4.4.
 
 
Per i comuni interessati da fenomeni stagionali di affluenza turistica il PUT dovrà configurare diverse soluzioni di organizzazione della circolazione nella stagione turistica e nel residuo periodo dell’anno, con particolare riferimento a quelle della stagione turistica, e con possibilità d’uso di segnaletica rimovibile o di limitata valenza temporale. Il grado di approfondimento delle analisi delle indagini, dei contenuti progettuali e dei relativi elaborati di piano sarà adeguato alla rilevanza delle problematiche di congestione della circolazione stradale.
 
 
Fermo restando che il PUT è un piano a breve termine e che la sua attuazione non comporta rilevanti impegni finanziari non è da escludere che in taluni casi sia necessario prevedere opere ed interventi di rilevante impegno economico. In detti casi, fatte salve le verifiche previste al paragrafo 2.5., nel PUT stesso devono essere contenute specifiche valutazioni di fattibilità tecnico-economica, in modo differenziato per ogni livello di Piano come indicato nei paragrafi 4.1. e 4.2. In ogni caso, al livello di piano esecutivo di cui al paragrafo 4.3. devono essere previste specifiche valutazioni finanziarie per l’attuazione del PUT in modo da consentire alle amministrazioni comunali una previsione di impegno certo di spesa.
 
 
Le presenti direttive, redatte in relazione alla crescente complessità dei problemi della mobilità e dell’ambiente nelle aree urbane ed agli avanzamenti scientifici nella pianificazione della circolazione, sostituiscono la precedente circolare 6 agosto 1986, n. 2575, del Ministero dei lavori pubblici “Disciplina della circolazione stradale nelle zone urbane ad elevata congestione del traffico veicolare. Piani urbani del traffico” e la circolare 20 settembre 1961, n. 50067, del Ministero dei lavori pubblici sugli “Uffici comunali del traffico”.
 
 
 
1 – DEFINIZIONI.
 
Il Piano urbano del traffico (PUT) è costituito da un insieme coordinato di interventi per il miglioramento delle condizioni della circolazione stradale nell’area urbana, dei pedoni, dei mezzi pubblici e dei veicoli privati, realizzabili nel breve periodo – arco temporale biennale – e nell’ipotesi di dotazioni di infrastrutture e mezzi di trasporto sostanzialmente invariate.
 
In particolare il PUT deve essere inteso come “piano di immediata realizzabilità”, con l’obiettivo di contenere al massimo – mediante interventi di modesto onere economico – le criticità della circolazione; tali criticità – specialmente nelle aree urbane di maggiori dimensioni – potranno infatti essere interamente rimosse solo attraverso adeguati potenziamenti sull’offerta di infrastrutture e di servizi del trasporto pubblico collettivo, che costituiscono l’oggetto principale del Piano dei trasporti, realizzabile nel lungo periodo – arco temporale decennale.
 
 
La corretta progettazione dell’organizzazione della circolazione stradale deve prevedere interventi su tutti i suoi settori, ivi inclusa , oltre la gestione ottimale degli spazi stradali esistenti, pubblici o aperti all’uso pubblico (individuazione degli interventi di organizzazione delle sedi viarie, finalizzata al miglior uso possibile delle medesime per la circolazione stradale). anche – ove necessario – la gestione ottimale del sistema di trasporto pubblico collettivo stradale (individuazione di nuovi percorsi e nuove frequenze delle linee, finalizzata al migliore uso possibile del relativo parco dei mezzi esistenti). In tale evenienza il PUT può più propriamente essere denominato Piano della mobilità, mentre nell’altra evenienza rimane al PUT il significato – più limitato – di gestione ottimale degli spazi stradali esistenti.
 
 
Qualora, soprattutto nelle prime fasi di attuazione delle presenti direttive, difficoltà operative e finanziarie rendessero in genere non realizzabili in tempi brevi interventi significativi sulla struttura dei servizi di trasporto pubblico collettivo, quest’ultima può essere considerata invariante nella redazione del PUT.
 
Tuttavia, anche in questo caso la progettazione e la verifica degli interventi previsti nel PUT devono considerare gli effetti ditali interventi sulle prestazioni e la Capacità del servizio di trasporto pubblico collettivo, nonché sulla nuova domanda di trasporto pubblico generata e sulla possibilità di soddisfacimento ditale domanda.
 
 
Nel processo di pianificazione e governo del sistema dei trasporti a scala urbana, il PUT costituisce in definitiva lo strumento tecnico – amministrativo di breve periodo, che mediante successivi aggiornamenti (piano – processo) rappresenta le fasi attuative di un disegno strategico – di lungo periodo – espresso dal Piano dei trasporti, da elaborare in genere a scala comprensoriale (bacino di traffico) e con riferimento anche a tutte le altre modalità di trasporto non stradale.
 
 
Quest’ultimo Piano, infatti, è costituito da un insieme articolato di interventi relativi allo sviluppo dell’offerta di infrastrutture e servizi di trasporto, congiunti a politiche di controllo delle modalità di soddisfacimento della domanda di mobilità (politiche di controllo della domanda) ed ad indirizzi per la pianificazione territoriale ed urbanistica; il Piano dei trasporti costituisce, pertanto, uno strumento di fondamentale valenza strategica per l’ordinato sviluppo delle aree urbane.
 
 
Il PUT deve essere redatto, comunque, anche nelle more della redazione dei Piani di governo della mobilità e dell’ambiente di cui alla premessa, ivi compreso il Piano dei trasporti; in tal caso esso può prevedere eccezionalmente alcuni limitati interventi sull’offerta di infrastrutture e servizi di trasporto, per i quali vanno tuttavia effettuate accurate valutazioni economiche e finanziarie, come appresso specificato.
 
2 – OBIETTIVI ED INDICATORI FONDAMENTALI.
 
 
 
Il PUT va elaborato (articolo 36, comma 4, del nuovo Cds) attraverso indagini, studi e progetti finalizzati ad
ottenere:
 
 
1) il miglioramento delle condizioni di circolazione (movimento e sosta),
2) il miglioramento della sicurezza stradale (riduzione degli incidenti stradali),
3) la riduzione degli inquinamenti atmosferico ed acustico,
4) il risparmio energetico, nonché in accordo con gli strumenti urbanistici ed i Piani dei trasporti vigenti e nel rispetto dei valori ambientali.
 
 
Il conseguimento di ciascuno dei quattro obiettivi indicati può essere espresso da opportuni indicatori, il cui valore si può stimare in sede di progettazione e/o successivamente all’attuazione del Piano. Si considerano in generale sia i valori assoluti degli indicatori sia i valori relativi al traffico totale, espresso in termini di veicoli x km e/o viaggiatori x km.
 
 
2.1. – MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI Dl CIRCOLAZIONE.
 
Migliorare le condizioni della circolazione stradale, nei suoi aspetti di movimento e sosta degli utenti, significa soddisfare la domanda di mobilità al miglior livello di servizio possibile, nel rispetto dei vincoli di Piano (economici, urbanistici e ambientali).
 
 
A questi fini il livello di servizio si identifica – anzitutto – con il grado di fluidità dei movimenti veicolari, il cui miglioramento permette velocità più regolari e mediamente più elevate di quelle attuali. Ciò comporta, in particolare, un benefico effetto anche sulle velocità dei trasporti collettivi su strada e, quindi, la riduzione dei tempi di spostamento e del disagio di tutti gli utenti. Inoltre, l’ottenimento di maggiore velocità e regolarità dei servizi collettivi di trasporto concorre a richiamare più utenza su tale tipo di servizio, determinando così un ulteriore fondamentale elemento di decongestionamento del traffico urbano, tenuto conto della più elevata capacità di trasporto dei mezzi collettivi rispetto a quelli individuali.
 
 
Il miglioramento delle condizioni di circolazione riguarda anche l’utenza pedonale, nonché la sosta veicolare. Maggiore fruibilità della città da parte dei pedoni e minore perdita di tempo nella ricerca dei posti di sosta veicolare, ove consentita sono quindi obiettivi di pari importanza rispetto a quello della fluidificazione dei movimenti veicolari.
 
In particolare, gli indicatori del miglioramento dei movimenti veicolari possono essere definiti, mediante parametri di deflusso in una fascia oraria, disaggregati (per singoli tronchi della rete) e/o aggregati (per intere reti stradali e di trasporto collettivo), quali il rapporto flusso/capacità, la velocità commerciale media, il tempo complessivo di viaggio (veicoli x ora e/o viaggiatori x ora).
 
 
 
2.2. – MIGLIORAMENTO DELLA SICUREZZA STRADALE.
 
Il PUT deve perseguire, altresì, il miglioramento della sicurezza stradale e – quindi – la consistente riduzione degli incidenti stradali e delle loro conseguenze, in generale, mediante la separazione ed il controllo delle diverse componenti di traffico (di cui al successivo pgf. 3.2.1.) ed, in particolare, mediante l’attuazione delle proposte derivanti da specifiche analisi tecniche sulle cause degli incidenti stradali, con preminente riferimento a quelle relative a carenze infrastrutturali e/o di regolazione e controllo del traffico.
 
 
La sicurezza della circolazione stradale deve in particolar modo interessare i ciclisti ed i pedoni e, fra questi ultimi, precipuamente gli scolari e le persone anziane e quelle con limitate capacità motorie (difesa delle utenze deboli).
 
Il conseguimento di questo obiettivo è da ritenersi soddisfatto in sede di redazione del Piano quando la progettazione risulti conforme alle norme del nuovo Cds ed a quelle – di settore – del Consiglio nazionale delle ricerche; esso – comunque – va successivamente misurato in fase di verifica e valutato nelle sue componenti attraverso una dettagliata analisi delle modalità e delle conseguenze degli incidenti stradali.
 
 
 
2.3. – RIDUZIONE DEGLI INQUINAMENTI ATMOSFERICO ED ACUSTICO.
 
Ai fini della protezione della salute e dell’ambiente il PUT deve concorrere a perseguire, inoltre, la riduzione degli inquinamenti atmosferico ed acustico, cui il traffico veicolare concorre in modo rilevante specialmente nei casi esistenti di marcia lenta, discontinua ed episodica e di condizioni meteorologiche particolari.
 
Tale riduzione, oltre che mediante gli interventi propri dei plani e dei programmi di più ampia portata (controlli programmati sulla qualità dei carburanti usati per la trazione veicolare, campagne di controllo delle emissioni inquinanti e della rumorosità dei veicoli in circolazione, impiego alternativo di veicoli con propulsori ad energia pulita, interventi attivi o passivi di contenimento del rumore), viene perseguita. nei limiti, del PUT, in generale attraverso la fluidificazione del traffico (cfr. 1 obiettivo) ed interventi di orientamento e controllo della domanda di mobilità, ed, ove necessario, attraverso la limitazione della circolazione veicolare.
 
 
Per quel che riguarda l’inquinamento atmosferico tali misure dovranno riguardare. in particolare, i centri abitati compresi nelle zone esposte a rischio di episodi acuti di inquinamento atmosferico, individuate dalle regioni ai sensi dell’articolo 9 del decreto del Ministro dell’ambiente 20.5.91 “Criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell’aria”.
 
Specifici provvedimenti dovranno essere presi a difesa delle aree del centro abitato particolarmente vulnerabili dal punto di vista dell’esposizione ad inquinanti atmosferici ove individuate nell’ambito dei Piani di intervento operativo per la gestione degli stati di attenzione e di allarme, previsti dallo stesso D.M. 20.5.91 e predisposti dall’autorità competente individuata dalle regioni ai sensi del D.P.R. 10.1.92 “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di sistemi di rilevazione dell’inquinamento urbano”. Per quanto riguarda l’inquinamento acustico si dovrà tener conto della classificazione in zone di cui all’articolo 2 del D.P.C.M. 1.3.91 con particolare riguardo alle classi I e II di cui alla tabella I dell’allegato 3 allo stesso decreto.
 
 
Il raggiungimento di questo obiettivo va verificato mediante la rilevazione sia delle emissioni e/o tassi di concentrazione delle principali sostanze inquinanti, sia dei livelli di rumore che si determinano nelle varie zone urbane, specialmente con riferimento a quelle oggetto di specifica tutela.
 
I risultati di dette rilevazioni vanno confrontati con i valori limite fissati – per l’inquinamento acustico – dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – 1.3.1991, e – per l’inquinamento atmosferico – dal decreto del Ministro dell’Ambiente 15.4.1994 (con rispettivi riferimenti, per quest’ultimo, al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28.3.1983 ed al decreto del Presidente della Repubblica n. 203/1988).
 
 
 
2.4. – RISPARMIO ENERGETICO.
 
Con il razionale uso dei mezzi di trasporto e delle sedi stradali si ottiene, la fluidificazione del traffico, il che comporta essenzialmente sia la riduzione dei tempi di viaggio, sia il risparmio dei consumi energetici dei veicoli pubblici e privati, come dettagliatamente esposto nella circolare del Ministro per i problemi delle aree urbane del 28.5.1991, n. 1196, pubblicata sulla G.U. n. 134 del 10.6.1991.
 
Infatti, io stesso controllo periodico dei livelli di efficienza dei motori a combustione dei veicoli pubblici e privati consente notevoli risparmi energetici, che vanno ad aggiungersi alla diminuzione degli inquinamenti atmosferici.
 
 
Pertanto, anche dal punto di vista in esame, i benefici ricavabili in termini finanziari dalla collettività, pur valutati solo in termini economici diretti, in seguito all’adozione e conseguente realizzazione del PUT sono quindi prevedibilmente di gran lunga superiori ai costi che le amministrazioni comunali devono affrontare.
 
Il conseguimento dell’obiettivo in esame può essere misurato mediante la determinazione del consumo, specifico e complessivo, del carburante dei veicoli motorizzati pubblici e privati ed, eventualmente, di altre fonti energetiche (energia elettrica per tram e filovie, in relazione alle condizioni di traffico determinate.
 
 
 
2.5. – ACCORDO CON GLI STRUMENTI URBANISTICI ED I PIANI DEI TRASPORTI VIGENTI.
 
Fermo restando che il PUT é uno strumento di pianificazione sottordinato rispetto al PRG vigente, il PUT stesso può proporre eccezionalmente aggiornamenti allo stesso PRG o agli strumenti di attuazione vigenti.
 
 
L’armonizzazione tra PUT e strumenti urbanistici si realizza attraverso:
 
– la verifica che le eventuali opere infrastrutturali previste dal PUT siano contenute negli strumenti urbanistici vigenti. In caso contrario si avviano le procedure di variazione degli strumenti urbanistici, nei modi e nelle forme previste dalla legislazione vigente;
– la verifica che le trasformazioni del territorio, le modifiche di destinazione d’uso ed in generale l’attuazione delle opere previste dagli strumenti urbanistici (qualora generino od attraggano traffico) siano compatibili con gli indirizzi del PUT. In caso contrario si procede attraverso una opportuna attività di coordinamento tra gli uffici appartenenti ai diversi assessorati competenti, alfine di raccordare le diverse esigenze.
 
Per l’armonizzazione tra il PUT e l’eventuale Piano dei trasporti vigente vale quanto espresso al precedente capoverso.
 
 
2.6. – RISPETTO DEI VALORI AMBIENTALI.
 
Il rispetto dei valori ambientali consiste nel preservare ed al tempo stesso migliorare – per quanto possibile – la fruizione dell’ambiente urbano nel suo complesso e delle peculiarità delle singole parti che lo caratterizzano, quali i centri storici, le aree protette – archeologiche, monumentali e naturali – e gli spazi collettivi destinati al transito ed alla sosta pedonali, alle attività commerciali, culturali e ricreative ed al verde pubblico e privato.
 
 
Nel settore specifico, la riqualificazione ambientale di detti centri ed aree, che in taluni casi si identifica con la diretta necessità di recupero fisico di spazio pedonale, si ottiene mediante la riduzione dei carichi veicolari stradali all’interno delle stesse aree, sempre comunque nell’ottica di conservare un efficiente grado di accessibilità alle aree medesime, proprio per mantenere in esercizio la loro elevata qualificazione funzionale.
 
La riduzione dei carichi veicolari può interessare anche – in particolare – il transito dei mezzi pesanti per problemi di inquinamento da vibrazioni, oppure la sosta di autovetture e specialmente di mezzi pesanti per problemi di intrusione visiva.
 
 
 
3 – STRATEGIE GENERALI DI INTERVENTO.
 
La corretta organizzazione del traffico urbano richiede un’ampia serie coordinata di interventi, su tutto il territorio urbanizzato e su tutte le componenti della circolazione stradale.
 
Gli interventi in questione possono riassumersi nei due seguenti tipi di strategie generali da adottare:
 
 
– il miglioramento della capacità di trasporto dell’intero sistema, comprendente la rete stradale, le aree di sosta ed i servizi di trasporto pubblico collettivo, ove esistenti;
– l’orientamento ed il controllo della domanda di mobilità verso modi di trasporto che richiedano minori disponibilità di spazi stradali rispetto alla situazione esistente.
 
 
Le strategie in questione vengono di seguito indicate con le denominazioni sintetiche di “interventi sull’offerta di trasporto” ed “interventi sulla domanda di mobilità”.
 
 
3.1. – INTERVENTI SULL’OFFERTA DI TRASPORTO.
 
3.1.1. – Classifica funzionale delle strade.
 
La principale causa di congestione del traffico urbano si identifica nella promiscuità d’uso delle strade (tra veicoli e pedoni, tra movimenti e soste, tra veicoli pubblici collettivi e veicoli privati individuali). Pertanto, la riorganizzazione della circolazione stradale richiede in primo luogo la definizione di un’idonea classifica funzionale delle strade.
 
 
Detta classifica individua, infatti, la funzione preminente o l’uso più opportuno, che ciascun elemento viario deve svolgere all’interno della rete stradale urbana, per risolvere i relativi problemi di congestione e sicurezza del traffico, in analogia e stretta correlazione agli strumenti urbanistici che determinano l’uso delle diverse aree esterne alle sedi stradali.
 
La classifica in questione, coerentemente all’articolo 2 del nuovo Cds ed alle norme del C.N.R., fa riferimento in generale ai seguenti quattro tipi fondamentali di strade urbane:
 
 
– autostrade, la cui funzione è quella di rendere avulso il centro abitato dai problemi del suo traffico di attraversamento, traffico – questo – che non ha interessi specifici con il centro medesimo in quanto ad origine e destinazioni degli spostamenti. Nel caso di vaste dimensioni del centro abitato, alcuni tronchi terminali delle autostrade extraurbane – in quanto aste autostradali di penetrazione urbana – hanno la funzione di consentire un elevato livello di servizio anche per la parte finale (o iniziale) degli spostamenti di scambio tra il territorio extraurbano e quello urbano. Per questa categoria di strade sono ammesse solamente le componenti di traffico relative ai movimenti veicolari, nei limiti di quanto previsto all’articolo 175 del nuovo Cds ed all’articolo 372 del relativo Regolamento di esecuzione. Ne risultano pertanto escluse, in particolare, le componenti di traffico relative ai pedoni, ai velocipedi, ai ciclomotori, alla fermata ed alla sosta (salvo quelle di emergenza);
 
– strade di scorrimento, la cui funzione, oltre a quella precedentemente indicata per le autostrade nei riguardi del traffico di attraversamento e del traffico di scambio, da assolvere completamente o parzialmente nei casi rispettivamente di assenza o di contemporanea presenza delle autostrade medesime, è quella di garantire un elevato livello di servizio per gli spostamenti a più lunga distanza propri dell’ambito urbano (traffico interno al centro abitato).
 
Per questa categoria di strade è prevista dall’articolo 142 del nuovo Cds la possibilità di elevare il limite generalizzato di velocità per le strade urbane, pari a 50 km/h, fino a 70 km/h. Per l’applicazione delle presenti direttive vengono individuati gli itinerari di scorrimento costituiti da serie di strade, le quali – nel caso di presenza di corsie o sedi riservate ai mezzi pubblici di superficie – devono comunque disporre di ulteriori due corsie per senso di marcia. Su tali strade di scorrimento sono ammesse tutte le componenti di traffico, escluse la circolazione dei veicoli a trazione animale, dei velocipedi e dei ciclomotori, qualora la velocità ammessa sia superiore a 50 km/h, ed esclusa altresì la sosta dei veicoli, salvo che quest’ultima risulti separata con idonei spartitraffico;
 
– strade di quartiere, con funzione di collegamento tra settori e quartieri limitrofi o, per i centri abitati di più vaste dimensioni, tra zone estreme di un medesimo settore o quartiere (spostamenti di minore lunghezza rispetto a quelli eseguiti sulle strade di scorrimento, sempre interni al centro abitato).
 
In questa categoria rientrano, in particolare, le strade destinate a servire gli insediamenti principali urbani e di quartiere (servizi, attrezzature, ecc.), attraverso gli opportuni elementi viari complementari. Sono ammesse tutte le componenti di traffico, compresa anche la sosta delle autovetture purché esterna alla carreggiata e provvista di apposite corsie di manovra;
 
– strade locali, a servizio diretto degli edifici per gli spostamenti pedonali e per la parte iniziale o finale degli spostamenti veicolari privati. In questa categoria rientrano, in particolare, le strade pedonali e le strade parcheggio; su di esse non è comunque ammessa la circolazione dei mezzi di trasporto pubblico collettivo.
 
 
La classifica funzionale delle strade nell’ambito del PUT, attraverso gli anzidetti quattro tipi fondamentali di strade urbane, va adottata anche nelle more dell’emanazione da parte del Ministro dei lavori pubblici delle norme per la classificazione delle strade esistenti, di cui all’articolo 13 , comma 4, del nuovo Cds. Detta classifica viene redatta tenuto conto – da un lato – delle caratteristiche strutturali fissate dall’articolo 2 del nuovo Cds e delle caratteristiche geometriche esistenti per ciascuna strada in esame, nonché delle caratteristiche funzionali dianzi precisate, e – dall’altro lato – del fatto che le anzidette caratteristiche strutturali previste dal nuovo Cds sono da considerarsi come “obiettivo da raggiungere” per le strade esistenti, laddove siano presenti vincoli fisici immediatamente non eliminabili (cfr. pgf. 1.2. dell’allegato, dove sono anche indicati altri tre tipi di strade, con caratteristiche intermedie rispetto a quelle del nuovo Cds, per meglio adattarsi alle situazioni esistenti).
 
 
 
3.1.2. – Viabilità principale ed isole ambientali.
 
L’insieme di tutti i tipi di strade dianzi esposte, escluse le strade locali, assume la denominazione di rete principale urbana, caratterizzata dalla preminente funzione di soddisfare le esigenze di mobilità della popolazione (movimenti motorizzati), attraverso – in particolare – l’esclusione della sosta veicolare dalle relative carreggiate stradali. L’insieme delle rimanenti strade (strade locali) assume la denominazione di rete locale urbana, con funzione preminente di soddisfare le esigenze dei pedoni e della sosta veicolare.
 
 
La viabilità principale, così definita, viene a costituire una rete di itinerari stradali le cui maglie racchiudono singole zone urbane, alle quali viene assegnata la denominazione di isole ambientali, composte esclusivamente da strade locali (“isole”, in quanto interne alla maglia di viabilità principale; “ambientali” in quanto finalizzate a recupero della vivibilità degli spazi urbani).
 
Si consideri, in particolare, che il concetto di maglia di viabilità principale” sembrerebbe non aver significato nel caso di centri abitati di modestissime dimensioni, basati su un’unica strada principale o su una coppia di strade principali (di cui l’una confluente o traversante rispetto all’altra). Tenuto però presente che il presupposto minimo di riorganizzazione del traffico s’identifica con l’esistenza di uno specifico itinerario per il traffico di attraversamento urbano, la contemporanea considerazione di quest’ultimo itinerario (circonvallazione, nel caso più semplice, e sistema tangenziale, nei casi più complessi) conduce all’esistenza di maglie della viabilità principale nel senso precitato.
 
 
Le isole ambientali in questione, anche se periferiche, sono tutte da considerare come aree con ridotti movimenti veicolari”, in quanto – se non altro – il transito veicolare motorizzato viene dirottato sulla viabilità principale, almeno per la quota part di non competenza specifica delle singole zone (eliminazione del traffico di attraversamento dalle singole isole ambientali). Naturalmente, quando la rimanente quota di traffico (quella in arrivo ed in partenza da ciascuna isola) viene anch’essa ad eccedere la capacità della rete stradale, il che accade in genere per le zone più centrali e per quelle a più spinta qualificazione direzionale e commerciale, le limitazioni di circolazione veicolare motorizzata divengono maggiormente impegnative, vincolando sempre di più la sosta veicolare fino ad escluderla e fianco a consentire il transito – ove necessario – solo al sistema di trasporto collettivo, idoneo – appunto – per la sua maggiore capacità di trasporto a rispondere alle esigenze di mobilità della popolazione.
 
 
Il passaggio graduale, dalla situazione attuale – di un servizio diffuso “porta a porta” (garantito dal trasporto individuale, ma non più consentito in determinati ambienti urbani dalla capacità della rete stradale) -, alla situazione di piano-relativa ad un servizio concentrato “fermata per fermata” del trasporto collettivo di linea, e/o concentrato “area di parcheggio per area di parcheggio” – , determina la formazione di consistenti flussi pedonali, il soddisfacimento delle cui esigenze – insieme a quelle di carattere ambientale e socioeconomico – costituiscono poi la premessa vincolante alla realizzazione di aree pedonali interamente coincidenti od interne alle isole ambientali anzidette.
 
 
 
3.1.3. – Principali interventi di miglioramento dell’offerta.
 
I principali strumenti attraverso i quali risulta possibile nel breve termine ottenere il miglioramento della capacità del sistema di trasporto urbano riguardano;
 
– l’eliminazione della sosta veicolare dalla viabilità principale,
– l’adeguamento della capacità delle intersezioni ai flussi veicolari in transito.
 
L’eliminazione della sosta veicolare dalla viabilità principale, al di là degli interventi di orientamento e controllo della domanda di mobilità di cui al successivo paragrafo 3.2., in genere comporta:
 
 
 
– il riordino delle strade, piazze e larghi appartenenti alla viabilità locale, finalizzato alla possibilità di recupero di nuovi spazi di sosta (strade – parcheggio ed aree – parcheggio), fatte sempre salve le esigenze dei pedoni e la vocazione ambientale dei luoghi, tenuto conto dei relativi valori storici artistici ed architettonici;
– l’utilizzo – eventualmente provvisorio – delle aree pubbliche, ma anche private, in attesa di definitiva destinazione urbanistica, in termini di realizzazione e di gestione di aree di parcheggio – eventualmente multipiano ad uso pubblico (parcheggi di tipo sostitutivo della sosta su strada), con possibile attrezzatura di alberature ed anche con riferimento ad interventi finanziati dall’iniziativa privata – la realizzazione di parcheggi ad uso privato (parcheggi pertinenziali, sempre ad uso sostitutivo della sosta su strada), su suolo privato o anche pubblico, con particolari facilitazioni da prevedere per i privati interessati alla loro costruzione;
 
– il potenziamento e la riorganizzazione del corpo di vigilanza urbana, in forma diretta ed indiretta intesa quest’ultima come potenziamento dei servizi atti ad ottenere – in particolare – un idoneo ed efficace controllo delle modalità di sosta.
 
 
In particolare, rispetto a quanto di anzi affermato, si osservi il significato di “sanatoria”, per l’attuale situazione di congestione della sosta, che vengono ad assumere le strade – parcheggio e le aree – parcheggio, come aree sostitutive della vigente sosta indiscriminata su strada, mentre ai parcheggi pertinenziali (“stanziali” per i residenti e gli addetti e “di relazione” per l’utenza occasionale ed i visitatori) ed ai parcheggi di scambio (di cui si dirà successivamente) viene assegnato la particolare funzione di mantenimento nel tempo delle condizioni sia di recupero della fluidità sulla viabilità principale, sia di recupero ambientale dell’area urbana, ottenute attraverso la realizzazione degli interventi previsti dal PUT. Ancorché sgomberata dalla sosta, la viabilità principale necessità poi – per l’efficiente svolgimento delle funzioni ad essa richieste – di tutto quell’insieme di interventi che vanno sotto la denominazione di adeguamento della capacità delle intersezioni ai flussi veicolari in transito, tenuto conto che esse rappresentano – in genere – i punti nevralgici del sistema della rete stradale.
 
 
Questo settore di intervento, che coinvolge limitazioni alle manovre di svolta a sinistra, istituzione di sensi unici di marcia, adeguate canalizzazioni ed, eventualmente, ridisegno delle caratteristiche geometriche con riduzione del numero dei rami di intersezione, può oggi avvalersi dei più moderni sistemi tecnologici di controllo del traffico (a partire dagli impianti semaforici attuati dai flussi veicolare e/o pedonali), di vasta utilità, sempreché risulti corretto il dimensionamento della rete principale (come quantità, estesa e distribuzione delle corsie di marcia messe a disposizione per le diverse correnti veicolari) e delle politiche intermodali e tariffarie eventualmente adottate (di seguito esaminate).
 
 
 
3.2. – INTERVENTI SULLA DOMANDA DI MOBILITÀ.
 
3.2.1. – Tipi di componenti del traffico.
 
Le quattro componenti fondamentali del traffico, qui di seguito esposte secondo l’ordine assunto nella loro scala dei valori all’interno del Piano, sono:
 
 
1 – circolazione dei pedoni;
2 – movimento di veicoli per il trasporto collettivo con fermate di linea (autobus, filobus e tram), urbani ed extraurbani;
3 – movimento di veicoli motorizzati senza fermate di linea (autovetture, autoveicoli commerciali, ciclomotori, motoveicoli, autobus turistici e taxi);
4 – sosta di veicoli motorizzati, in particolare relativamente alle autovetture private.
 
 
Nell’individuazione delle suddette componenti, ai fini dell’organizzazione del traffico, si è ritenuta prioritaria la caratterizzazione dei veicoli in “di linea” e “non di linea”, piuttosto che in “pubblici” e “privati”.
 
L’adozione dell’anzidetta scala dei valori delle componenti fondamentali del traffico rappresenta una precisa strategia del Piano, dalla quale in generale consegue che, in caso di congestione di una strada dovuta alla presenza contemporanea delle quattro componenti anzidette il problema viene risolto “allontanando” – dapprima – la sosta dei veicoli privati individuali e – successivamente qualora non si fosse raggiunto il grado di riordino desiderato, – le altre componenti di traffico, nell’ordine inverso a quello precedentemente indicato.
 
 
Naturalmente nel quadro anche di quanto esposto al paragrafo seguente, ai fine di soddisfare – in ogni caso – le esigenze di mobilità della popolazione, al termine “allontanando” viene assegnato il significato progettuale di “fornendo l’alternativa comportamentale immediatamente più opportuna”, di carattere spaziale e/o modale e/o temporale.
 
La precedente elencazione delle componenti fondamentali non esclude, ove occorra, la considerazione di altre componenti del traffico, definite in tale contesto componenti secondarie (quali la circolazione di velocipedi), nonché il trattamento differenziato di singole categorie di veicoli all’interno delle anzidette principali componenti di traffico (movimento di autovetture separato dal movimento di veicoli commerciali pesanti, oppure sosta di autovetture e sosta di mezzi collettivi).
 
 
I piani ed i progetti parziali, ossia riferiti solo ad una o ad alcune delle componenti fondamentali del traffico elencate ed ancorché estesi all’intera area urbana, non possono assumere la denominazione generale di PUT, ma solo denominazioni specifiche (piano degli itinerari pedonali, piano delle corsie riservate ai mezzi pubblici, piano dei parcheggi, piano delle piste ciclabili), in quanto affrontano solo uno od alcuni aspetti dell’intera problematica. In quanto tale il PUT richiede, dunque, la contemporanea considerazione sistematica almeno delle quattro componenti fondamentali del traffico sopra elencate e delle loro mutue interrelazioni (cfr. pgf. 4.4.).
 
 
 
3.2.2. – Alternative spaziali, modali e temporali.
 
Laddove non esista il trasporto pubblico collettivo, oppure risultino assenti concrete possibilità di immediato miglioramento del suo servizio, gli interventi sull’offerta precedentemente descritti finalizzano gli obiettivi del Piano attraverso – sostanzialmente – la strategia di fornire alternative spaziali alla mobilità veicolare urbana, consistenti nell’individuazione di itinerari alternativi per i flussi veicolari e di spazi di sosta alternativi a quelli in uso sulla viabilità principale.
 
 
L’attuale grado di saturazione fisica degli spazi disponibili per i movimenti e la sosta veicolare rende – però – molto spesso insufficiente l’adozione della sola strategia ora indicata, specialmente per le aree urbane maggiormente congestionate. In tali situazioni risulta quindi necessario intervenire orientando – come detto – la domanda di mobilità verso modi di trasporto che richiedono minori disponibilità di spazi stradali per il soddisfacimento della domanda medesima (domanda espressa, non più in veicoli x m, bensì in persone x km). Questa tipologia di interventi rientra nella cosiddetta politica delle alternative modali, che trova attuazione fondamentale nella migliore organizzazione possibile del trasporto collettivo, sia a carattere pubblico che privato (autobus aziendali).
 
 
Nel caso di centri abitati di modeste dimensioni, laddove non esiste e non è fattibile un sistema di trasporto pubblico collettivo, risulta egualmente valido il criterio di fornire alternative modali all’uso di autoveicoli per il trasporto individuale privato, che trova la sua applicazione specifica attraverso adeguate facilitazioni per le modalità di trasporto pedonali (con eventuali loro ausili meccanici) e ciclistiche (specialmente per le aree urbane in pianura), naturalmente con un raggio di azione più limitato di quello del trasporto pubblico, ma – comunque – rese convenienti dalla minore estensione dei centri medesimi. Queste ultime modalità di trasporto alternative (pedonale e ciclabile) sono utilizzabili anche nei centri abitati di maggiore estensione, per formare quel complesso di interventi che – insieme all’alternativa modale costituita dal trasporto pubblico collettivo – garantiscono il carattere di intermodalità del PUT oltre che delle alternative spaziali e modali, il Piano può avvalersi di interventi relativi alle strategie proprie delle alternative temporali, le quali fanno riferimento al soddisfacimento della domanda di mobilità – per quanto utile e conveniente – in orari ricadenti nei cosiddetti periodi di morbida del traffico, durante i quali si registrano minori intensità dei flussi veicolari in movimento.
 
 
Questi interventi, che coinvolgono anche altri settori – oltre quello del traffico – e che pertanto vanno con essi coordinati, riguardano in genere lo sfalsamento degli orari di inizio e termine delle attività lavorative e scolastiche, la migliore distribuzione degli orari delle attività commerciali e degli uffici aperti al pubblico e simili.
 
 
3.2.3. – Principali interventi intermodali.
 
La politica delle alternative modali viene in generale resa efficiente attraverso l’applicazione contestuale – da un lato – di forme di incentivazione dell’uso dei cosiddetti modi alternativi e – dall’altro lato – di forme di disincentivazione dell’uso degli autoveicoli per il trasporto individuale privato, con il vincolo – non sopprimibile – che la capacità di trasporto alternativa fornita risulti in grado di assorbire – ad un livello di servizio accettabile – le quote di domanda ad essa trasferite dal sistema individuale privato.
 
 
In quest’ambito di interventi rientrano misure molto varie, di carattere tecnico, normativo e tariffario; ad esempio sono ipotizzabili forme di facilitazione per l’utilizzazione dei taxi e delle autovetture ad uso collettivo (car pool), in contrapposizione all’adozione di restrizione alla circolazione delle autovetture ad uso individuale.
 
Tra di essi risultano peculiarmente significativi due tipi di intervento:
 
 
– la realizzazione di aree di sosta dove lasciare la propria autovettura e proseguire lo spostamento con un altro modo di trasporto (parcheggi di scambio, intesi in questo contesto come forma di disincentivazione all’uso di autovetture per il trasporto individuale privato);
– l’introduzione di particolari sistemi di tariffazione della circolazione delle autovetture in determinate zone urbane (intesi in questo contesto come torme di disincentivazione all’uso delle autovetture con il solo conducente).
 
 
I parcheggi dl scambio, specie nelle aree urbane di maggiori dimensioni, incoraggiano infatti la intermodalità dei movimenti sulle direttrici centro – periferia, prevedendo adeguati spazi di sosta, preferibilmente custodita, in prossimità delle principali interconnessioni tra la rete viaria di adduzione all’area urbana ed i terminali periferici delle linee di trasporto pubblico collettivo. Gli spazi di sosta andranno attrezzati, in relazione alle dimensioni dell’area, con elementi di arredo urbano e con servizi complementari di ristoro, di informazione all’utente e di interesse culturale.
 
 
Detti parcheggi risultano analogamente utili anche nelle aree urbane di minori dimensioni laddove non esiste il servizio di trasporto pubblico, con riferimento alla possibilità di proseguire lo spostamento a piedi con un percorso pedonale di accettabile lunghezza.
 
D’altro verso, la tariffazione della sosta su strada in determinati ambienti urbani e/o, eventualmente, dell’accesso veicolare individuale a tali ambienti, conduce ad una riduzione della domanda di mobilità motorizzata individuale, sia in quanto rende maggiormente competitivo – dal punto di vista economico – l’uso degli anzidetti sistemi di trasporto alternativi, rispetto a quello individuale autoveicolare, sia in quanto induce all’uso collettivo (per accompagnamento, per accordi tra colleghi di lavoro o di studio, ecc.) dello stesso sistema di trasporto autoveicolare.
 
 
Inoltre la tariffazione della sosta su strada, oltre che incentivare la rotazione dei veicoli su uno stesso posto di sosta, contribuisce al finanziamento degli interventi necessari alla gestione di tutto il traffico stradale (articolo 7, comma 7, del nuovo Cds).
 
 
 
4 – ARTICOLAZIONE E CONTENUTI PROGETTUALI.
 
 
I contenuti di seguito esposti – salvo specifiche menzioni – sono di generale applicazione, in quanto affrontano argomenti comunque presenti nell’elaborazione di un PUT, con riferimento anche ai centri abitati di più modeste dimensioni.
 
In funzione del grado di affinamento delle proposte di intervento, in forma più o meno dettagliata, i contenuti in questione vengono distinti su tre livelli di progettazione del PUT, rappresentativi anche del suo specifico iter di approvazione da parte degli organi istituzionali competenti.
 
 
 
4.1. – PIANO GENERALE.
 
Il 1° livello di progettazione è quello del Piano generale del traffico urbano (PGTU), inteso quale progetto preliminare o piano quadro del PUT, relativo all’intero centro abitato (cfr. successivo pgf. 5.2.) ed indicante sia la politica intermodale adottata, sia la qualificazione funzionale dei singoli elementi della viabilità principale e degli eventuali elementi della viabilità locale destinati esclusivamente ai pedoni (classifica funzionale della viabilità), nonché il rispettivo regolamento viario, anche delle occupazioni di suolo pubblico (standard geometrici e tipo di controllo per i diversi tipi di strade – cfr. allegato – pgf. 1.2.), sia il dimensionamento preliminare degli interventi previsti in eventuale proposizione alternativa, sia il loro programma generale di esecuzione (priorità di intervento per l’esecuzione del PGTU).
 
 
Detto dimensionamento deve rispondere al soddisfacimento complessivo della domanda di mobilità e deve risolvere il coordinamento delle esigenze almeno delle quattro componenti fondamentali del traffico, di cui si è detto al paragrafo 3.2.1. Esso pertanto riguarda, in particolare, la proposizione contestuale:
 
 
– del piano di miglioramento della mobilità pedonale, con definizione delle piazze, strade, itinerari od aree pedonali -AP- e delle zone a traffico limitato -ZTL- o, comunque, a traffico pedonalmente privilegiato;
– del piano di miglioramento della mobilità dei mezzi collettivi pubblici (fluidificazione dei percorsi, specialmente delle linee portanti) con definizione delle eventuali corsie e/o carreggiate stradali ad essi riservate, e dei principali nodi di interscambio, nonché dei rispettivi parcheggi di scambio con il trasporto privato e dell’eventuale piano di riorganizzazione delle linee esistenti e delle loro frequenze (PUT inteso come Piano della mobilità);
 
– del piano di riorganizzazione dei movimenti dei veicoli motorizzati privati, con definizione sia dello schema generale di circolazione veicolare (per la viabilità principale), sia della viabilità tangenziale per il traffico di attraversamento del centro abitato, sia delle modalità di assegnazione delle precedenze tra i diversi tipi di strade;
– del piano di riorganizzazione della sosta delle autovetture, con definizione sia delle strade parcheggio, sia delle aree di sosta a raso fuori delle sedi stradali ed, eventualmente, delle possibili aree per i parcheggi multipiano, sostitutivi della sosta vietata su strada, si del sistema di tariffazione e/o di limitazione temporale di quota parte della sosta rimanente su strada.
 
 
Per i centri abitati di più modeste dimensioni, privi di un servizio di trasporto pubblico urbano, il piano di miglioramento della mobilità dei mezzi pubblici collettivi riguarda le linee extraurbane traversanti o attestantisi nei centri medesimi.
 
Gli elaborati progettuali del PGTU, relativi agli argomenti anzidetti, devono essere redatti in scala da 1:25.000 fino ad 1:5.000 (od eccezionalmente valori inferiori), in funzione delle dimensioni del centro abitato, e devono essere accompagnati da una relazione tecnica comprendente anche le analisi di rispondenza delle soluzioni proposte alla domanda di mobilità, con descrizione dei dati e dei metodi di calcolo utilizzati (simulazioni del traffico, con diverso grado di approfondimento delle valutazioni in rapporto alla complessità dell’area in esame). Tali analisi riguardano, in particolare, il dimensionamento e la configurazione della rete viaria principale, il bilancio cella sosta ,veicolare (tra posti-auto eliminati e quelli recuperati, in rapporto alla politica intermodale adottata) ed, eventualmente (Piano della mobilità), la riorganizzazione delle linee del trasporto pubblico collettivo.
 
 
Qualora tra gli interventi del PGTU siano eccezionalmente previste opere di rilevante onere economico (parcheggi multipiano, nuove linee di trasporto pubblico collettivo, soluzioni di intersezioni a livelli sfalsati, nuovi tronchi di viabilità tangenziale, sistemi di controllo centralizzato del traffico, nuovi sistemi tecnologici di informazione per l’utenza), la relazione anzidetta deve essere integrata con le specifiche analisi di convenienza economica (benefici / costi) e di fattibilità finanziaria delle opere medesime. I parcheggi multipiano, ove non previsti nei PUP (Piani urbani dei parcheggi), le intersezioni a livelli sfalsati ed i nuovi tronchi di viabilità tangenziale, ove non previsti dagli strumenti urbanistici vigenti, devono essere opportunamente segnalati, per il tramite degli Uffici comunali competenti, all’amministrazione per le necessarie modifiche di detti strumenti, secondo la vigente legislazione e normativa urbanistica, e, per le ipotesi viarie di interesse statale, secondo l’articolo 81 del D.P.R. 616/1977.
 
 
Al contrario, qualora gli interventi infrastrutturali siano già previsti dagli strumenti urbanistici e le specifiche analisi di convenienza economica e di fattibilità finanziaria delle opere abbiano dato esito positivo, questi devono essere considerati prioritari prevedendo comunque la realizzazione dei necessari interventi atti alla limitazione ed all’abbattimento dei fenomeni di inquinamento atmosferico ed acustico.
 
Qualora per la zona comprendente il centro abitato in esame sia stato predisposto il Piano di intervento operativo (PIO) per la gestione degli stati di attenzione e di allarme, come previsto dall’articolo 9 del D.M. 20.5.91 “Criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell’aria”, uno specifico paragrafo della relazione tecnica (integrato con gli specifici elaborati grafici e di calcolo necessari) viene destinato al pacchetto degli interventi considerati dal Piano per prevenire l’inquinamento atmosferico e di quelli necessari quando il livello di attenzione o di allarme impone l’adozione di misure di emergenza;
 
tali interventi devono essere integrati nella strategia adottata per il PUT. Per le aree metropolitane ed i comuni con più di 150.000 abitanti, la suddetta relazione tecnica deve essere integrata con una valutazione, eventualmente anche mediante l’ausilio di modelli, degli effetti sull’inquinamento ambientale delle ipotesi progettuali formulate dal PUT che tenga conto dei Piani di intervento operativo e di risanamento acustico. Indicazioni relative alle tipologie ed all’uso dei modelli di cui sopra verranno fornite con successivi quaderni tecnici.
 
 
 
4.2. – PIANI PARTICOLAREGGIATI.
 
Il 2° livello di progettazione è quello dei Piani particolareggiati del traffico urbano, intesi quali progetti di massima per l’attuazione del PGTU, relativi ad ambiti territoriali più ristretti di quelli dell’intero centro abitato, quali – a seconda delle dimensioni dei centro medesimo – le Circoscrizioni, i settori urbani, i quartieri o le singole zone urbane (anche come fascia di influenza de singoli itinerari di viabilità principale), e da elaborare secondo l’ordine prevista nell’anzidetto programma generale di esecuzione del PGTU.
 
 
Detto programma deve prevedere singoli insiemi di interventi attuabili – in particolare – sotto forma di specifici lotti funzionali, nel senso che con la loro attuazione non devono riscontrarsi peggioramenti per la situazione del traffico nelle aree circostanti a quella di intervento.
 
I Piani particolareggiati in questione indicano il dimensionamento di massima degli interventi previsti per tutta la viabilità, principale e locale, all’interno del rispettivo ambito territoriale di studio con i rispettivi schemi di circolazione. Essi in particolare, riguardano:
 
 
 
– i progetti per le strutture pedonali, con eventuali marciapiedi, passaggi ed attraversamenti pedonali e relative protezioni, e per la salvaguardia della fluidità veicolare attorno alle eventuali AP, ZTL e zone particolarmente sensibili all’inquinamento atmosferico individuate dal PIO (organizzazione dei cosiddetti itinerari di arroccamento);
– il tipo di organizzazione delle fermate, dei capilinea e dei punti di interscambio dei mezzi pubblici collettivi e delle rispettive eventuali corsie e/o sedi riservate e l’eventuale progetto di massima per i parcheggi di scambio con il trasporto privato, nonché l’eventuale piano di dettaglio per la riorganizzazione delle linee esistenti e delle loro frequenze (PUT inteso come Piano della mobilità);
 
– gli schemi dettagliati di circolazione per i diversi itinerari della viabilità principale e per la viabilità di servizio, il tipo di organizzazione delle intersezioni stradali della viabilità principale (con relativo schema di fasatura e di coordinamento degli impianti semaforici od, eventualmente, schema di svincolo delle correnti veicolari e pedonali a livelli sfalsati) ed il piano generale della segnaletica verticale, specialmente di indicazione e precedenza;
– il tipo di organizzazione della sosta per gli eventuali spazi laterali della viabilità principale, per le strade-parcheggio, per le aree di sosta esterne alle sedi stradali e per gli eventuali parcheggi multipiano sostitutivi della sosta vietata su strada, nonché l’eventuale organizzazione della tariffazione e/o limitazione della sosta di superficie (strade ed aree).
 
 
Gli elaborati progettuali di questo 20 livello di progettazione devono essere redatti in scala da 1:5.000 fino ad 1:1.000 (o eccezionalmente più dettagliata), in funzione delle dimensioni dell’ambito territoriale in studio (circoscrizione, settore urbano, quartiere, zona o fascia urbana), e devono essere accompagnati da una relazione tecnica comprendente, oltre al proporzionamento degli interventi proposti in rapporto ai livelli di traffico previsti, con l’indicazione dei dati, delle analisi e dei metodi di calcolo utilizzati, anche una stima sommaria dei relativi costi di intervento, nonché gli approfondimenti necessari sia delle analisi di convenienza economica e di fattibliltà finanziaria per le eventuali opere di rilevante impegno economico, sia degli eventuali pacchetti di interventi da adottare in condizioni di emergenza ambientale, di cui si è detto nel 1° livello di progettazione.
 
 
 
4.3. – PIANI ESECUTIVI.
 
Il 3° livello di progettazione è quello dei Piani esecutivi del traffico urbano, intesi quali progetti esecutivi dei Piani particolareggiati del traffico urbano. La progettazione esecutiva riguarda, di volta in volta, l’intero complesso degli interventi di un singolo Piano particolareggiato, ovvero singoli lotti funzionali della viabilità principale e/o dell’intera rete viaria di specifiche zone urbane (comprendenti una o più maglie di viabilità principale, cori la relativa viabilità interna a carattere locale), facenti parte di uno stesso Pano particolareggiato.
 
 
Detti Piani esecutivi definiscono completamente gli interventi proposti nei rispettivi Piani particolareggiati, quali – ad esempio – le sistemazioni delle sedi viarie la canalizzazione delle intersezioni, gli interventi di protezione delle corsie e delle sedi riservate e le indicazioni finali della segnaletica stradale (orizzontale. verticale e luminosa), e li integrano – in particolare – per quanto attiene le modalità di gestione del PUT (in termini di verifiche ed aggiornamenti necessari).
 
 
Tra queste ultime modalità assumono particolare importanza i due essenziali Piani di settore relativi al “potenziamento e/o ristrutturazione del servizio di vigilanza urbana” ed alle indispensabili “campagne di informazione e di sicurezza stradale”.
 
Gli elaborati progettuali di questo 3° livello di progettazione devono essere redatti in scala da 1:500 fino ad 1:200 o valori interiori, in funzione delle necessità di descrizione esecutiva degli interventi proposti, e devono essere accompagnati da una relazione tecnica comprendente anche a valutazione dettagliata dei computi metrici estimativi necessari per la determinazione del costi di intervento, nonché la redazione del piano finanziario per la realizzazione e la gestione degli interventi medesimi.
 
 
Per i centri urbani di più modeste dimensioni, specialmente se interessati da fenomeni stagionali di affluenza turistica. il 2° ed il 3° livello di progettazione possano anche essere riuniti in un’unica fase di progettazione (livello dei Piani di dettaglio).
 
 
4.4. – CONTENUTI FONDAMENTALI, EVENTUALI E COLLATERALI.
 
Gli anzidetti principali contenuti progettuali del PUT sono riepilogati nella seguente tabella, dove risultano integrati anche con ulteriori contenuti a carattere “collaterale”, relativi alla disaggregazione delle quattro componenti fondamentali del traffico (ad esempio, per i veicoli merci e per i taxi), alle altre componenti del traffico (ad esempio, per i portatori di handicap deambulanti e per i velocipedi), oppure ad altri argomenti di studio (ad esempio, per l’arredo urbano, per campagne di controllo delle emissioni inquinanti e della rumorosità) che potranno essere specificatamente indicati dall’amministrazione comunale.
 
 
I piani relativi a queste ultime componenti di traffico, studiate con riferimento all’intero ambito urbano, assumono in genere la denominazione di Piani di settore, che potranno essere adeguatamente redatti solo dopo la predisposizione del PGTU ed a sua stretta integrazione (la stessa denominazione viene coerentemente assegnata agli interventi relativi a singoli strumenti di attuazione: si citano così – oltre a quelli precedentemente indicati per la vigilanza urbana e per l’informazione e la sicurezza stradale – i Piani di settore della regolazione semaforica, dell’arredo urbano, della segnaletica di indicazione, ecc.).
 
 
Nella tabella anzidetta, gli argomenti relativi al 2° ed al 3° livello di progettazione del PUT sono accorpati in un unico livello, appunto definito di “dettaglio”.
 
Altresì, in detta tabella i tipi di intervento previsti vengono distinti in “fondamentali” ed in “eventuali”, con riferimento alla loro obbligatorietà o meno di presenza nel PUT .
 
Più precisamente, i “contenuti fondamentali” riguardano tutti i centri abitati, anche quelli di più modeste dimensioni, mentre i “contenuti eventuali” – risultando dipendenti dalla situazione locale di congestione del traffico – potranno anche non essere presenti nel PUT, salvo – in genere – che per i centri abitati di maggiori dimensioni (al di sopra dei 100.000 abitanti).
 
 
In particolare, per i centri abitati con popolazione superiore ad 1.000.000 di abitanti, considerata l’ampiezza del territorio urbano ed i tempi di studio e di approvazione successivamente indicati, tra i contenuti fondamentali del PGTU possono essere eccezionalmente demandati ai successivi Piani particolareggiati quelli attinenti alleventuale definizione dei sensi unici di marcia sulla viabilità principale.

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