Data per morta diverse volte, colpa del Leit Motiv “LA DIA viene sostituita dalla SCIA”
Per molti professionisti é convinzione generale che si sia estinta.
Ma chi era a conoscenza della famosa Bassanini Legge 15/7/1997, n.127 – Snellimento burocratico e di varie sentenze successive, poteva supporre l’ambito dei provvedimenti è quella che riguarda i provvedimenti accrescitivi e quelli restrittivi.
Tra i provvedimenti accrescitivi si distingue usualmente tra autorizzazione e concessione. La prima, secondo l’insegnamento della dottrina tradizionale, ha la funzione di rimuovere un limite all’esercizio di un diritto preesistente in capo all’autorizzato; la seconda, invece, vale a costituire (concessione costitutiva) o trasferire (concessione traslativa) in capo al privato una situazione di vantaggio di cui questi in precedenza non era titolare.
La denuncia di inizio attività in edilizia è un atto amministrativo, la cui disciplina è contenuta nel Testo unico dell’edilizia della Repubblica italiana (Decreto del presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380) che ne descrive il potere e i limiti agli artt. 22 e 23.
PREMESSE
Dal 2010 è stata, per la maggior parte dei casi, sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A.).
Tuttavia la D.I.A. ancora oggi esiste e può essere utilizzata, per le varianti in corso d’opera, invece di un permesso di costruire, qualora si apportino modifiche non sostanziali.
Questo tipo di denuncia di inizio attività (D.I.A.) è diventata uno strumento molto versatile, che è servito alla pubblica amministrazione italiana (in larga parte, gli uffici tecnici dei Comuni) per agevolare e snellire il procedimento relativo a pratiche edilizie, di minor peso urbanistico, sull’attività edilizia che si svolgeva sul proprio territorio.
Con una D.I.A., infatti, si poteva ristrutturare il proprio appartamento, effettuare opere di manutenzione ordinaria o straordinaria sul proprio immobile e persino costruire nuovi edifici, qualora fosse presente un piano particolareggiato, ovvero in caso di demolizione e ricostruzione fedele.
La D.I.A. tuttavia non è da confondersi con un’autorizzazione. Di fatto, essa è un’autodichiarazione del committente dei lavori accompagnata da una relazione asseverata da un tecnico (oltre i vari documenti da allegare), pertanto, risulta essere più responsabilizzante per il privato e per il tecnico, piuttosto che per la pubblica amministrazione che, nel caso di D.I.A., svolge un mero controllo dei requisiti.
Tuttavia la prassi giurisprudenziale pretende una corresponsabilità anche della pubblica amministrazione, dovuto all’istituto del silenzio-assenso.
Disciplina normativa
Il fondamento giuridico dell’istituto è probabilmente da rintracciarsi nella legge 28 febbraio 1985 n. 47 che stabiliva:
« Non sono soggette a concessione ne’ ad autorizzazione le opere interne alle costruzioni che non siano in contrasto con gli strumenti urbanistici adottati o approvati e con i regolamenti edilizi vigenti, non comportino modifiche della sagoma ne’ aumento delle superfici utili e del numero delle unita’ immobiliari, non modifichino la destinazione d’uso delle costruzioni e delle singole unità immobiliari, non rechino pregiudizio alla statica dell’immobile […]. »
Il Testo unico dell’edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) specifica che con la D.I.A. si possono fare le opere non riconducibili ad attività edilizia libera, o al permesso di costruire.
È oggi pertanto richiesta la S.C.I.A., per opere edilizie che oggi possono essere eseguite a seguito di comunicazione inizio lavori (C.I.L.), ossia opere di manutenzione straordinaria, restauro conservativo, ristrutturazione edilizia così come elencate nell’art. 6 del Testo unico dell’edilizia.
Invece, possono essere trattate con altri atti abilitativi D.I.A., S.C.I.A. e Permesso di Costruire la nuova costruzione, ristrutturazione urbanistica, ecc. (così come definiti dall’art.3 del D.P.R. 380/2001).
Altre leggi sono in seguito venute ad ampliare le competenze della D.I.A., pertanto ancora oggi, in alcune regioni, ai sensi della legge 21 dicembre 2001 n. 443 con tale strumento si possono realizzare anche opere di nuova costruzione, nel caso in cui sia stato approvato un piano particolareggiato per la lottizzazione di un’area.
Questa D.I.A. con poteri ampliati era conosciuta come Super D.I.A.
In seguito, più di recente, altre leggi sono andate a potenziare ulteriormente questo provvedimento e, oggi, con la Super D.I.A. si possono fare anche opere che prima erano di competenza del permesso di costruire.
Inoltre ciascuna regione ha potuto, a sua discrezione, ampliare i poteri della D.I.A., come ha già fatto, per esempio, la Toscana.
Iter burocratico
La denuncia si presenta allo sportello unico per l’edilizia del Comune a firma di un tecnico abilitato alla progettazione (ingegnere, architetto, geometra o perito) e deve contenere un progetto grafico rappresentante lo stato di fatto e la situazione futura, una relazione tecnica in cui si descrivono nel dettaglio le opere da compiersi e i riferimenti normativi, nazionali e locali, che interessano il provvedimento e la certificazione del fatto che il “progettista si assume la responsabilità” che le opere siano in conformità degli strumenti urbanistici vigenti al tempo dei lavori.
In questo modo, la P.A. scarica la responsabilità della correttezza delle operazioni sul tecnico abilitato, che, in tal senso, prende le difese dell’Amministrazione stessa e delle sue leggi. Pertanto la parcella professionale richiesta dal tecnico è adeguata alle responsabilità che si assume.
Una volta presentata, la D.I.A. si ritiene approvata, come detto, dopo 30 giorni dalla data di presentazione (fa fede la data di protocollo dell’ufficio tecnico), e si possono effettuare le opere edilizie.
Se si scoprono, in seguito, difformità delle opere rispetto alla normativa in vigore al tempo dei lavori il comune può (entro 10 anni dalla data di presentazione della D.I.A.) ordinare che sia ripristinato lo stato dei luoghi antecedente all’esecuzione dei lavori, il tutto a carico del proprietario che ha eseguito le opere abusivamente, anche se ha presentato regolare D.I.A.. Naturalmente, in questo caso viene chiamato in causa il tecnico firmatario del provvedimento.
Il procedimento e il meccanismo del silenzio-assenso
La D.I.A. segue il meccanismo del silenzio-assenso: comunicata alla pubblica amministrazione la propria intenzione ad avviare l’attività, il soggetto, generalmente decorsi 30 giorni può darvi inizio, dandone notizia. Entro i 30 giorni (dalla data di protocollo) l’ufficio tecnico comunale può chiedere integrazioni o inibire l’inizio dei lavori per mancanza di documentazione o difformità rispetto alle norme vigenti e/o agli strumenti urbanistici.
Il potere inibitorio previsto dal co. 6 dell’art. 23 del D.P.R. 380/2001, può essere esercitato entro il termine perentorio di trenta giorni, trascorso il quale possono soltanto essere emanati provvedimenti d’autotutela e sanzionatori. Il dispositivo di sentenza precisa che alla scadenza del termine di trenta giorni matura l’autorizzazione implicita ad eseguire i lavori progettati ed indicati nella D. I. A., fermo restando il potere dell’Amministrazione comunale di provvedere anche successivamente alla scadenza del termine stesso, ma non più con provvedimento inibitorio (ordine o diffida a non eseguire i lavori) bensì con provvedimento sanzionatorio (se i lavori sono già stati eseguiti, in tutto o in parte) di tipo ripristinatorio o pecuniario, secondo i casi, in base alla normativa che disciplina la repressione degli abusi edilizi.
In ogni caso, l’inizio dei lavori deve avvenire non prima di 30 giorni dalla presentazione della denuncia, e comunque non oltre un anno, e dovranno concludersi entro 3 anni.
Interventi su edifici vincolati
Per opere effettuate su edifici vincolati dai beni architettonici o artistici ai sensi del d.lgs.42/2004, è necessario allegare alla D.I.A. il Nulla osta della Soprintendenza ai Beni culturali.
Per quanto riguarda gli edifici che si trovano nella perimetrazione del centro storico cittadino, è sufficiente richiedere un preventivo atto di assenso (nulla osta storico) presso la pubblica amministrazione, la quale analizzerà la richiesta, ed esprimerà un parere positivo oppure negativo. Da quest’ultimo parere dipende la fattibilità o no dell’intervento proposto.
La D.I.A. nel caso di lesioni strutturali
Quando compaiono lesioni strutturali che possono compromettere la statica dell’edificio è spesso necessario agire in fretta, possibilmente senza aspettare i 30 giorni del silenzio-assenso. In tali casi è necessario far intervenire i vigili del fuoco, che rappresentano l’ente garante della statica degli edifici e, quindi, dell’incolumità dei cittadini che vi abitano o lavorano, per produrre una perizia (che viene redatta sul posto, dopo un esame, anche sommario, del danno) che, allegata alla D.I.A., consente di eseguire i lavori immediatamente, per somma urgenza. Alla visita dei vigili deve però seguire un progetto di intervento, corredato dei disegni e dei calcoli statici relativi alle opere da compiersi: tale documentazione deve comunque essere allegata alla D.I.A. prima di cominciare i lavori.
Se si devono fare anche altri lavori nei locali in cui compare la lesione si possono allegare alla stessa D.I.A. delle opere strutturali, ma tali opere sono sempre e comunque soggette ai 30 gg. di silenzio-assenso.
I vigili del fuoco, nel loro intervento, potrebbero però stabilire che la statica del fabbricato è troppo compromessa, e revocarne l’abitabilità. Da quel momento il fabbricato deve essere sgomberato e messo in sicurezza, e vengono bloccate tutte le operazioni sulla struttura se non approvate dai vigili stessi. In casi estremi, potrebbe anche essere ordinata la demolizione dell’intero fabbricato (a questo punto, però, nasce la questione legale su chi ricade l’onere della demolizione).
Le lesioni strutturali non vanno mai sottovalutate e, qualora compaiano, vanno sempre sottoposte al parere di un tecnico qualificato, possibilmente non legato alle aziende edili, che faccia delle misurazioni specifiche e rediga una perizia sulla staticità dell’edificio.
Abusi edilizi
Si entra nell’illecito e si diventa perseguibili a norma di legge in tre modi:
– eseguendo operazioni edilizie per cui servirebbe un’autorizzazione diversa dalla D.I.A.
– eseguendo opere difformi da come sono state presentate nella D.I.A.
– eseguendo opere senza richiedere la D.I.A. per le quali sarebbe richiesta.
La punizione è proporzionata al danno che si arreca. Se si è nel terzo caso, una volta eseguite abusivamente le opere, si può presentare un accertamento di conformità (art. 36 del T.U.) che, a firma di un tecnico iscritto al relativo albo, attesta che sono state fatte delle opere conformi agli strumenti urbanistici però senza richiedere il relativo permesso. Viene allora applicata una sanzione amministrativa, non inferiore ad € 516,00 e non superiore a 5.164,00 €. Le opere devono essere conformi non solo alla situazione legislativa esistente al momento in cui sono state eseguite, ma devono rispettare anche le leggi approvate nel frattempo.
Denuncia di Inizio Attività alternativa al Permesso di Costruire
La chiamano impropriamente “Super DIA”, generando confusione , ma si tratta in realtà della Denuncia di Inizio Attività alternativa al permesso di costruire, onerosa ed è stata approvata il 16 Luglio 2015 nella Conferenza Unificata. Noi la chiamiamo semplicemente DIA.
Nella fattispecie possiamo dire che esiste una DIA ONEROSA (aumento di Volume e cambiamento di destinazione d’uso) e una DIA NON ONEROSA ( ristrutturazioni che non implicano aumento di volume) , quest’ultima può essere sostituita/ verrà sostituita dalla SCIA, relativamente alle scelte a livello comunale.
Per la DIA è stato predisposto un modello unico approvato dalla Conferenza Stato Regioni il 16 luglio 2015 ( punto 9) (Decreto semplificazioni DL 90/2014).
L’ultimo atto del programma di semplificazione edilizia previsto dallo Sblocca Italia si è dunque consumato: dopo l’approvazione di SCIA e permesso di costruire e poi di CIL e CILA i modelli unificati in edilizia possono dirsi al completo.
Più specificamente, la “DIA” costituisce una dichiarazione alternativa al permesso di costruire per la quale è stato previsto un nuovo modello unico che dovrebbe servire, da un lato a semplificare la dichiarazione e a snellire l’iter burocratico per ottenere il permesso di iniziare lavori di costruzione o di ristrutturazione nel settore dell’edilizia, dall’altro, ad introdurre un unico modello per differenti dichiarazioni.
DIA 2015: entrata in vigore e diffusione del Modello Unico
In base a quanto stabilito dalla Conferenza Unificata, le Regioni dispongono di 90 giorni di tempo dal momento dell’approvazione (16 luglio) per adeguarsi al nuovo modello unico previsto per la DIA 2015.
In altri termini, entro e non oltre il 16 ottobre 2015 le regioni italiane dovranno approntare i nuovi modelli unici per la DIA che consentiranno di accelerare i tempi per avviare l’intervento di costruzione o ristrutturazione. Ciò sarà possibile dal momento che sarà evitato il passaggio dell’autorizzazione che sarà sostituito da una più semplice dichiarazione. Il nuovo modello di dichiarazione eviterà gli attuali tempi di attesa che possono arrivare fino a 60, tempo utile al responsabile unico del procedimento, dal momento in cui la domanda viene depositata, per esprimersi sul permesso di costruire.
Interventi per i quali è richiesta la DIA
La DIA dovrà essere presentata, tramite il nuovo Modello Unico, per i seguenti interventi pesanti nel settore dell’edilizia e delle costruzioni:
- interventi di ristrutturazione che prevedo modifiche della sagoma degli immobili sottoposti a vincoli, modifiche della volumetria e modifiche della destinazione d’uso che determinano, come loro risultato finale un organismo edilizio totalmente o parzialmente differente da quello di partenza;
- interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica regolati da piani attuativi;
- interventi di nuova costruzione in esecuzione diretta di progetti urbanistici;
Modalità di compilazione del nuovo Modello Unico 2015 per la DIA
Come avviene anche per gli altri modelli utilizzati nel settore edilizio dovranno essere inseriti:
- le informazioni volte ad identificare il tipo di lavoro nella sua completezza;
- i dati delle persone coinvolte (committente, progettisti, tecnici e imprese);
- l’area interessata con i relativi dati catastali;
- i geometrici dell’area interessata dal progetto;
Devono essere allegati anche:
- la relazione tecnica asseverata del progettista che deve:
- descrivere i dettagli dell’intervento e dei lavori che verranno effettuati;
- confermare la conformità edilizia e urbanistica del progetto;
- confermare che non siano presenti vincoli paesaggistici, storici o ambientali ostativi alla realizzazione del progetto;
- specificare se verrano effettuati interventi di abbattimento delle barriere architettoniche e di ottimizzazione dei consumi energetici;
- gli elaborati grafici che consentono di descrivere il progetto;
- le ricevute attestanti l’avvenuto pagamento dei diritti di segreteria e degli oneri proporzionali in base al tipo di intervento.
http://www.urbanistica.comune.roma.it/dia-modulistica.html
APPROFONDIMENTI
Le diverse tipologie di autorizzazione
Il criterio appena indicato è stato rivisitato dalla dottrina più recente. Secondo Sorace, ad esempio, il mondo delle autorizzazioni comprende realtà molto diverse tra loro, sicché la funzione di tale atto può coincidere con diverse esigenze, come quella:
- di verificare la sussistenza dei requisiti e dei presupposti per l’esercizio dell’attività
- di esercitare un potere conformativo dell’attività da assentire, attraverso la prescrizione delle modalità del suo esercizio
- di determinare la produzione di effetti ablatori, quando il procedimento ha come esito un diniego
Il comune denominatore tra le diverse fattispecie risiede nel fatto che il provvedimento autorizzatorio serve a dare contezza all’amministrazione di ciò che il privato vuol fare, mentre il tipo di intervento, o meglio la sua intensità, varia in ragione delle diverse tipologie, come sopra classificate.
La distinzione tra autorizzazioni dichiarative e costitutive
Ancora, si è distinto tra autorizzazioni dichiarative e costitutive: il rilascio delle prime è subordinato puramente e semplicementeall’accertamento dei presupposti di legge, e quindi rende operativo un assetto di interessi interamente predeterminato a monte dalla norma attributiva del potere; le seconde, invece, sono idonee ad innovare all’assetto di interessi, previa disposizione dell’interesse pubblico.Occorre anche distinguere tra i casi in cui la legge pone un numero massimo di atti d’assenso da poter rilasciare (si pensi al caso dell’autorizzazione a svolgere talune attività commerciali) e quelli in cui il rilascio dell’atto accrescitivo è l’esito di un procedimento a risultato incerto (si pensi all’esame di abilitazione per la professione di avvocato).
Le diverse tipologie di provvedimento
In particolare: i provvedimenti ampliativi. Le fattispecie ad essi alternative: la d.i.a. (oggi s.c.i.a.) ed il silenzio assenso.
Sezione II. Sommario:
- La liberalizzazione
- La d.i.a. (oggi s.c.i.a.): l’ambito di applicazione dell’istituto
- I diversi ambiti di applicazione della d.i.a. e del silenzio-assenso
- Circa la natura giuridica della d.i.a. (oggi s.c.i.a.)
- I provvedimenti ablatori (cenni)
La liberalizzazione
In corrispondenza con la crisi economica registrata intorno agli anni ‘80, si è palesata la necessità di “alleggerire” l’intervento pubblico nell’economia, semplificando, fino al limite estremo della liberalizzazione, i procedimenti volti ad ottenere titoli abilitativi necessari allo svolgimento di determinate attività. Non si può tuttavia parlare di una vera e propria liberalizzazione, che si ha solo quando viene del tutto cancellata la disciplina pubblicistica del (e quindi eliminato l’intervento dello Stato in ordine al) le attività di natura imprenditoriale.
La d.i.a. (oggi s.c.i.a.): l’ambito di applicazione dell’istituto
Nel nostro ordinamento la dichiarazione di inizio attività costituisce la misura massima di liberalizzazione.
L’art. 19 della l. 241 del 1990 individua l’ambito di applicazione dell’istituto; in particolare, occorre:
- che il rilascio dell’atto di assenso dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi generali (cioè, in altri termini, la discrezionalità deve essere stata interamente spesa prima della vicenda puntuale relativa al rilascio dell’atto ampliativo, nella legge o in un atto amministrativo a contenuto generale)
- che non sia previsto un contingente complessivo per il rilascio degli atti stessi
- che l’atto non attenga ad alcuno dei settori sensibili (ad es. la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico), con riguardo ai quali non opera il meccanismo di liberalizzazione di cui si tratta
Ricorrendo le suesposte condizioni, l’atto d’assenso può essere sostituito da una dichiarazione del privato che, assumendosi le relative responsabilità, attesti la sussistenza dei presupposti cui la legge subordina l’inizio dell’attività in questione, sul presupposto che non vi sia la necessità di compiere valutazioni discrezionali in ordine all’interesse pubblico.
Quanto alla disciplina dettata dall’art. 19, è necessario tenere conto delle modifiche introdotte dalla l. 122 del 2010. Anzitutto, la d.i.a. si trasforma in s.c.i.a. (acronimo di segnalazione certificata di inizio attività); in secondo luogo, si prevede la possibilità per il privato di intraprendere immediatamente l’attività “segnalata” senza che occorra attendere che siano trascorsi trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione e senza che il privato debba in quel momento comunicare l’effettivo avvio dell’attività (così come prevedeva la disciplina previgente).
Una questione applicativa di un certo rilievo concerne l’incidenza della nuova disciplina – specie per quanto riguarda la prevista possibilità di avviare immediatamente l’attività – rispetto a discipline di settore, come quella in materia edilizia, che contengono diverse previsioni sul procedimento: si pensi in particolare all’art. 23 del Testo unico dell’Edilizia che continua ad imporre al proprietario (o agli altri aventi titolo) di presentare la denuncia “almeno trenta giorni prima dell’inizio dei lavori”.
Si ritiene vada valorizzata la specialità della disciplina in materia edilizia, che già attua i principi dell’art. 19 non intaccati dalla novella del 2010, la quale riguarda solo profili accidentali dell’istituto.
I diversi ambiti di applicazione della d.i.a. (oggi s.c.i.a.) e del silenzio-assenso
Il meccanismo del silenzio assenso (art. 20 l. 241 del 1990 e ss. mm.) si basa su una fictio iuris, che opera nel senso di qualificare come equivalente al provvedimento espresso di assenso un mero fatto, cioè l’inerzia della p.a. in ordine all’istanza presentata dal privato.
L’equiparazione sotto il profilo effettuale ha come corollario l’equivalenza del regime giuridico applicabile: per questo motivo, anche nei casi di provvedimenti formatisi per silentium, la p.a. può agire in via di autotutela ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della l. 241. Va inoltre sottolineato che la riforma del 2005 ha esteso l’ambito applicativo dell’istituto, tanto da renderlo generale con riferimento ai procedimenti ad istanza di parte. Il limite è anche in questo caso costituito dalla presenza di interessi sensibili, rispetto ai quali si richiede un provvedimento espresso della p.a.
La differenza di ambito applicativo tra silenzio assenso e d.i.a. (oggi s.c.i.a.) consiste in ciò, che mentre quest’ultima si sostituisce ai procedimenti a risultato certo, per l’assenza di valutazioni veracemente discrezionali, il primo opera con riguardo a quei casi in cui la p.a. dovrebbe esercitare un potere di scelta comparativa tra i vari interessi e nondimeno non lo esercita, e la legge equipara quo ad effectum il fatto dell’inerzia al rilascio del provvedimento positivo, estendendo a tale fattispecie il regime caratteristico di una tipica fattispecie provvedimentale, sia dal punto di vista dell’esercizio dell’autotutela, che da quello della tutela del terzo.
Circa la natura giuridica della d.i.a. (oggi s.c.i.a.)
Si discute in merito alla natura giuridica della d.i.a. (oggi s.c.i.a.): secondo la Corte di Cassazione si tratterebbe di un “atto soggettivamente ed oggettivamente privato“, soggetto alle regole del diritto comune; il richiamo ai poteri di autotutela, che presuppongono invece l’esistenza di un provvedimento, si riferirebbe alle inibitorie, ossia alle uniche fattispecie provvedimentali contemplate dall’art. 19. La questione investe anche la qualificazione della posizione giuridica vantata dall’interessato, se di diritto soggettivo o di interesse legittimo.
La prevalente giurisprudenza amministrativa (ma vedi ora, in senso contrario, una importante pronuncia del 2009: Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717) ricostruisce l’istituto come una fattispecie a formazione progressiva, che culmina con la formazione di un provvedimento per silentium, in conseguenza del mancato esercizio dei poteri inibitori.
I provvedimenti ablatori (cenni)
I provvedimenti ablatori sono invece quelli che determinano una restrizione o una limitazione della sfera giuridica dei privati, e si distinguono in:
- provvedimenti ablatori reali, aventi ad oggetto la privazione di un bene
- personali, implicanti l’imposizione di ordini di fare o non fare
- obbligatori, relativi all’imposizione di una prestazione di carattere patrimoniale
Appendice normativa
Sezione II. D.i.a. e silenzio assenso.
Art.19. Dichiarazione di inizio attività (1).
1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una dichiarazione dell’interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L’amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni (2)
2. L’attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente. Contestualmente all’inizio dell’attività, l’interessato ne dà comunicazione all’amministrazione competente. Nel caso in cui la dichiarazione di inizio attività abbia ad oggetto l’esercizio di attività di impianti produttivi di beni e di servizi e di prestazione di servizi di cui alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, compresi gli atti che dispongono l’iscrizione in albi o ruoli o registri ad efficacia abilitante o comunque a tale fine eventualmente richiesta, l’attività può essere iniziata dalla data della presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente (3)
3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, o, nei casi di cui all’ultimo periodo del medesimo comma 2, nel termine di trenta giorni dalla data della presentazione della dichiarazione, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge prevede l’acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l’adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all’acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali l’amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall’acquisizione del parere. Della sospensione è data comunicazione all’interessato (4)
4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l’inizio dell’attività e per l’adozione da parte dell’amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti
5. Ogni controversia relativa all’applicazione dei commi 1, 2 e 3 è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, può riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20 (5)
(1) Articolo sostituito dall’articolo 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537; successivamente, modificato dall’articolo 21, comma 1, lett. aa), della legge 11 febbraio 2005, n. 15 e, da ultimo, sostituito dall’articolo 3, comma 1, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35
(2) Comma modificato dall’articolo 9, comma 3, della legge 18 giugno 2009, n. 69
(3) Comma modificato dall’articolo 9, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69
(4) Comma modificato dall’articolo 9, comma 5, della legge 18 giugno 2009, n. 69
(5) Comma modificato dall’articolo 9, comma 6, della legge 18 giugno 2009, n. 69
Art.19 Segnalazione certificata di inizio attivita’ – Scia (1) (2)
1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attivita’ imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, e’ sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonche’ di quelli imposti dalla normativa comunitaria. La segnalazione e’ corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorieta’ per quanto riguarda tutti gli stati, le qualita’ personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 , nonche’ dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformita’ da parte dell’Agenzia delle imprese di cui all’ articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 , convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 , relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione. Nei casi in cui la legge prevede l’acquisizione di pareri di organi o enti appositi, ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle auto-certificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti
2. L’attivita’ oggetto della segnalazione puo’ essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente
3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attivita’ e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove cio’ sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attivita’ ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. E’ fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorieta’ false o mendaci, l’amministrazione, ferma restando l’applicazione delle sanzioni penali di cui al comma 6, nonche’ di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 , puo’ sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo
4. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del comma 3, all’amministrazione e’ consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell’impossibilita’ di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attivita’ dei privati alla normativa vigente
4-bis. Il presente articolo non si applica alle attivita’ economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (3)
5. Il presente articolo non si applica alle attivita’ economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 , e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 . Ogni controversia relativa all’applicazione del presente articolo e’ devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, puo’ riguardare anche gli atti di assenso formati in virtu’ delle norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.] (4)
6. Ove il fatto non costituisca piu’ grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attivita’, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 e’ punito con la reclusione da uno a tre anni.
(1) Rubrica sostituita dall’ articolo 49, comma 4-bis, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78
(2) Il presente articolo è stato modificato dall’articolo 9 della legge 18 giugno 2009, n. 69, sostituito dall’articolo 85, comma 1, del D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, sostituito dall’articolo 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, modificato dall’articolo 21, comma 1, lett. aa), della legge 11 febbraio 2005, n. 15, sostituito dall’articolo 3, comma 1, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 e da ultimo sostituito dall’ articolo 49, comma 4-bis, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78
(3) Comma inserito dall’articolo 2, comma 1-quinquies, del D.L. 5 agosto 2010, n. 125
(4) Comma abrogato dall’articolo 4, comma 1, punto 14), dell’Allegato 4 al D.Lgs.2 luglio 2010, n. 104
Art.20
Silenzio assenso (1) (2) (3)
Art. 20.
1. Fatta salva l’applicazione dell’articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2
2. L’amministrazione competente può indire, entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati
3. Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l’amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies
4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza , l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti
5. Si applicano gli articoli 2, comma 7, e 10-bis (4)
5-bis. Ogni controversia relativa all’applicazione del presente articolo e’ devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (5).
(1) Articolo modificato dall’articolo 21, comma 1, lett. bb), della legge 11 febbraio 2005, n. 15 e, successivamente, sostituito dall’articolo 3, comma 6-ter, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni, in legge 14 maggio 2005, n. 80
(2) Per la disciplina dei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 vedi l’articolo 3, comma 6 sexies del medesimo decreto-legge
(3) A norma dell’articolo 8-bis, comma 1, del D.L. 30 novembre 2005, n. 245, convertito con modificazioni, in legge 27 gennaio 2006, n. 21, in relazione ai peculiari contesti emergenziali in atto, nelle more dell’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al presente articolo, sono esclusi i procedimenti di competenza del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché quelli di competenza dei Commissari delegati nominati ai sensi dell’articolo 5, comma 4, della legge 24 febbraio 1992, n. 225
(4) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 1, lettera d), della legge 18 giugno 2009, n. 69 e successivamente modificato dall’articolo 9, comma 3, della legge 18 giugno 2009, n. 69
(5) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 1-sexies, del D.L. 5 agosto 2010, n. 125
Note
^ decreto legge 25 marzo 2010, n. 40 convertito con modificazioni dalla L. 22 maggio 2010, n. 73
^ art. 26 (Opere interne) legge 47/1985
^ art. 6 D.P.R. 380/2001
^ art. 10 D.P.R. 380/2001
^ ai sensi del comma 2 dell’art. 6 D.P.R. 380/2001 (così modificato dal D.L. 40/2010)
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